SALVIAMO I BAMBINI DAGLI PSICOFARMACI

di Luigi Benevelli

L’associazione Onlus “Giù le mani dai bambini” ha lanciato un appello molto preoccupato per lo scenario che si sta preparando sotto i nostri occhi in conseguenza della decisione del giugno scorso da parte dell’Agenzia Europea per il Farmaco (EMEA) di abbassare a otto anni l’età per la somministrazione degli psicofarmaci. In Italia apriranno, nei prossimi mesi, 82 centri per la somministrazione di psicofarmaci a bambini cosiddetti “iperattivi”. In Parlamento è stata presentata un’interrogazione affinché «venga bloccata qualunque somministrazione impropria di psicofarmaci che contrasti con lo sviluppo sereno del bambino…» Se non si interviene per bloccare l’iniziativa, c’è il rischio che cresca una nuova generazione di bambini dipendenti da psicofarmaci. E cresce l’allarme tra molti psichiatri e psicoterapeuti. Sugli effetti degli psicofarmaci ai minori non ci sono grandi studi, ma soprattutto, come sottolinea Federico Bianchi di Castelbianco, direttore dell’Istituto di Ortofonologia di Roma, «non c’è una valida situazione diagnostica». Quindi non vi sono protocolli diagnostici che consentano una logica seria nella prescrizione. Intanto il mercato dei bambini si allarga a dismisura e diventa fonte di ricchezza per i produttori di psicofarmaci. Inoltre, gli psicofarmaci si assumono per lunghi periodi. E creano dipendenza. L’Emea ha stabilito che si può passare alla somministrazione dello psicofarmaco nei piccoli se non si sono avuti risultati apprezzabili dopo 4 - 6 sedute di psicoterapia. Un periodo di tempo che a volte non basta neppure per evidenziare il vero problema che affligge il bambino. Questo conferma la volontà di passare rapidamente all’intervento farmacologico. Va aggiunto che queste sostanze, poi, sono spesso prescritte da medici che non le conoscono a fondo. Questo accade perché si medicalizza ogni forma di disagio, fornendo una risposta chimica a un problema psicologico.

Che cosa stiamo facendo a questi piccoli? Una cosa molto brutta perché quando c’è una tristezza nel bambino c’è anche sempre un motivo profondo che va indagato e ha le radici nella relazione con i genitori o con l’ambiente che lo circonda. Non possono essere le case farmaceutiche a decidere quello che è meglio fare. Il cervello di un bambino è ancora in crescita, e interferire con farmaci potenti è molto pericoloso. Perché accade tutto questo? «Non dimentichiamo - osserva Luca Poma del movimento “Giù le mani dai bambini” - che l’agenzia europea dell’Emea non dipende dalla direzione della sanità, ma da quella dell’industria…». Salviamo allora i «bambini-Gianburrasca» dalla moda degli psicofarmaci facili. Le medicine possono essere necessarie solo in un numero ridottissimo di casi, solo dopo una diagnosi accurata. Il più delle volte, infatti, si tratta semplicemente di bambini troppo vivaci che non vanno assolutamente curati per via farmacologica. Gli esperti non hanno dubbi e, presentando insieme a enti ed associazioni l’appello al ministro della Salute affinché si controlli il fenomeno, lo hanno detto chiaramente: basta con le ricette «fast-food». La tendenza alle prescrizioni indiscriminata è confermata dagli ultimi dati: in cinque anni quelle relative a psicofarmaci per i bambini sono aumentate del 280%. Mentre negli Usa, dove i bambini in terapia sono ben 11 milioni, si è avuto un incremento del 150%. Per fermare questa deriva è stato proposto di adottare per gli psicofarmaci la stessa linea decisa per la lotta contro il fumo: come i pacchetti di sigarette sono listati a lutto, così dovrebbe accadere per le confezioni di medicinali ad uso pediatrico; un accorgimento che è già stato introdotto negli Stati Uniti e in Canada. È questa una delle richieste presentate al ministro Livia Turco dal cartello di associazioni raggruppate nel movimento “Giù le mani dai bambini” e da oltre cento enti in rappresentanza di circa 230mila specialisti.


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