IO, IL SATELLITE E LA MORTE
DEGLI SPORT MINORI

di Fabio Alessandria

La domenica io spero, spesso, che faccia brutto tempo. Così non ho scuse acrobatiche da limare per non uscire di casa e poter guardare il calcio in tv. Calcio, sì, perché essenzialmente ormai si campa solo di quello (esclusi gli eventi con impegnate le nazionali di una qualunque disciplina). Satellite e tutto quanto, per di più. Perché in chiaro non si vede più nulla. È la fotografia dello sport in Italia, dopo che il calciocentrismo è arrivato a livelli dottrinali e patologici. Per me, pur dovendomi trincerare a volte dietro i futili motivi della rubrica, è diventato uno scherzo celare la dipendenza agonistico-pedatoria. Tuttavia il problema ha risvolti sociali abbastanza seri e, perché no, perfino analizzabili. I nati negli anni del boom delle prime televisioni private hanno avuto grandi possibilità di vedere sport in chiaro, gratuito ed estremamente vario. Basti un esempio per tutti. Quello di Telemilano 56, poi Canale 5, che ha avuto la chiaroveggenza di affidarsi a Rino Tommasi come responsabile del settore sportivo, portando in Italia la grande boxe internazionale, il tennis (sport, questi due, in cui lo stesso Tommasi è stato personalmente coinvolto e dove è tra i migliori intenditori della penisola) e il basket NBA (con il grandissimo coach Peterson al commento tecnico), novità sconvolgente per l’epoca e che ha, di fatto, aperto l’era moderna della pallaalcesto italiana. Ricordo ancora perfettamente tutto lo sport visto nell’infanzia, anche sulla Rai: tanta atletica, il Roland Garros e gli Internazionali d’Italia, Wimbledon visto, con incanto di bambino, su Rete 4, allora targata Mondadori. Dalla metà degli anni Ottanta (e fino all’avvento di Tele + e del digitale a pagamento) poi l’offerta in chiaro, di qualunque cosa (compresi il rafting e il ciclocross) di Tele Capo d’Istria. La comparsa, grazie alla laudatissima, della pallavolo (in contemporanea con l’esplosione di tutti i più noti cartoni animati a tema sportivo), degli sport americani, delle discipline di lotta tradizionali (il judo, il sumo giapponese) e di intrattenimento (il wrestling su Italia 1, ora tornato misticamente di gran moda, dopo un oblìo decennale). Tutto questo senza l’esborso di una lira se non per il canone di una Rai estremamente ingessata ma ancora di buonissima qualità. Per dare un’idea approssimativa dell’offerta sportiva d’allora ricorrerò all’aneddoto strappalacrime. La famosissima finale del Roland Garros del 1989 tra il mio idolo Stefan Edberg, profeta del gioco di servizio e volée, nonché possessore del più bel colpo di rovescio ad una mano che abbia mai visto eseguire e il diciassettenne chino-americano Michael Chang, piccolo genio arrotino che aveva fatto una battuta sotto le gambe all’allora numero uno del mondo Ivan Lendl, facendolo tanto innervosire da costringerlo alla resa (e alla rottura della racchetta…) è stata trasmessa dalla Rai, Capo d’Istria, e Telemontecarlo… ha vinto Chang, incredibilmente e ci sono rimasto malissimo, ma il dato ancora più incredibile è che sembra passata una vita, dato che il tennis è scomparso dai palinsesti free (escludo volontariamente la Davis perché è tennis di quarta serie…) assieme a tutti gli altri sport che non siano il pallone. La domanda è: quanti dei ragazzi che hanno cominciato a praticare una disciplina per l’effetto traino di qualche grande personaggio l’avrebbero fatto, oggi? Come si fa a decidere di voler praticare uno sport se non lo si è mai visto e non se ne possano capire i meccanismi e le regole? Il movimento sportivo italiano dove andrà a finire quando, tra al massimo una generazione, tutti vorranno e sapranno solo giocare al folber? Una certa decadenza di risultati già la si nota e, presto, forse se ne accorgeranno tutti… è l’era del pay per wiew, baby.

P.S: In questo contesto, e nonostante tutto, i ragazzi della pallavolo guidati da Montali hanno vinto l’oro agli Europei: tra di loro anche il nostro Christian Savani, celebrato da tutti e dimenticato dai concittadini illustri. A Christian va la mia ammirazione e l’applauso convinto di tutta la redazione de “La Civetta”. Complimenti, campione!