SVILUPPO E DECRESCITA
ROBERT KENNEDY
IN ANTICIPO DI TRENT’ANNI


Devo essermi proprio rammollito: forse sono i 2 km di bicicletta che faccio per venire fin qua a mangiare, con l’aria che poi in questi giorni di gennaio punge, anche col sole. Eh già: avendo deciso di non usare più la mia macchina per recarmi in ufficio, e di evitare di andare a rinchiudermi anche per la pausa pranzo, non avevo altra scelta: un paio di anni fa mi sono portato una vecchia bici, che lascio parcheggiata in magazzino, e con quella a mezzogiorno vengo al parco (se non piove, ovviamente). Chissà se stasera Luca uscirà alla mia stessa ora per portarmi a casa, oppure se alla fermata della corriera passerà Patrizia che ogni tanto mi dà un passaggio? Altrimenti poco male: in corriera potrò finalmente leggere quell’articolo del Manifesto che conservo ancora della settimana scorsa. Cosa mangio? Be’, quello che trovo in casa, prima di uscire: per esempio stamattina mi sono preparato un’insalatona con le verdure comprate direttamente in cascina, e il formaggio preso al mercato; e poi ho preso un’arancia, di quelle che ordiniamo dalla Sicilia con il gruppo d’acquisto (tutto quanto da produzioni biologiche); per scaldarmi un po’ bevo il tè del commercio equo che tengo nel termos; e non immaginate quanto sia buono il pane che fa mia moglie con la farina (biologica, manco a dirlo) del gruppo d’acquisto: ci mette pure i semini di sesamo e di girasole! E’ lei che va dal Fiorenzo per la verdura, o al mercato in piazza martedì mattina: no, non ha un impiego, lavora in casa; è una scelta maturata nel tempo: certo entrano meno soldi, ma così in famiglia riusciamo tutti ad avere una vita con ritmi non frenetici, e scegliamo noi cosa e dove comprare, cosa invece autoprodurre. Tutta un’altra storia rispetto a fare la spesa il sabato o la domenica al supermercato: possibilmente ci facciamo una passeggiata o un giro in bici con amici. O magari devo essere suggestionato dalla magica atmosfera del parco in questi giorni, fatta di silenzio e del bianco brillante della neve che resiste: qui mi disintossico il corpo, respirando aria fresca e mangiando sano, e soprattutto la mente, spaziando con lo sguardo senza vedere una casa o una strada. Due volte l’anno passa di qua un gregge, è successo poco prima di Natale. Insomma, sia stata l’aria frizzante o la suggestione, fatto è che sulla Civetta di gennaio, a corredo dell’articolo di Claudio che prendendo a pretesto la Tav ci parla di sviluppo e decrescita, con il suo stile esemplare per chiarezza di esposizione, ho letto anche il discorso di Robert Kennedy, e già a metà mi sono venute le lacrime agli occhi; con qualche difficoltà sono arrivato in fondo: profondamente commosso da quelle illuminanti parole, in anticipo di trent’anni su temi che solo da poco cominciano a riemergere dopo la sbornia neoliberista del dominio dell’economia, e su posizioni che a sostenerle oggi si viene subito etichettati come estremisti o, nella migliore delle ipotesi, come poveri illusi. E invece sapere che Robert Kennedy, certo non un comunista, nel 1968 metteva in guardia dalla tirannia del Pil spiegando che non sta lì il benessere di una società (forse per questo fu assassinato di lì a poco?), mi ha dato una nuova e inattesa consapevolezza di non essere un ingenuo sognatore: lo stile di vita che io, la mia famiglia e pochi altri amici cerchiamo di praticare può addirittura diventare un proclama politico adottato senza mezzi termini da un candidato presidente. Chissà che un giorno non lontano ne sbuchi uno anche nella nostra Italia.

Paolo Coita


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