IL RESTYLING JUVE, INGLESE E VINCENTE

di Andrea De Benedetti

Dunque. Questa settimana c’è stato un brainstorming di intelligent men che vorrebbero fare il restyling alla Juve (non un semplice lifting , ma una marketing strategy che partendo dal brand rilanci tutto il merchandising e le investor relations ). Il meeting , a quanto pare, è risultato quite successful , pieno di lodevoli ideas e projects per il future , dal libro celebrativo alla mostra itinerante sui vagoni delle FFSS (perché non chiamarla training , già che ci siamo?). Non è dato sapere se tra i temi su cui si sono spremuti le meningi i cervelloni bianconeri (tra gli altri Giovanni De Luna, Evelina Christillin, Roberto Calasso, Luciana Littizzetto, Luca Morino dei Mau Mau) sia stato toccato anche quello della comunicazione (pardon: communication), che del moggismo è stata immagine e caricatura, strumento di offesa e vistoso tallone d’Achille, a cominciare dall’uso criptico e ossessivo della lingua inglese sulla pagina web. Per 12 anni essere tifosi juventini è stato un very bad job, volendo usare le loro parole. Digerire scudetti sofisticati, inghiottire bocconi avvelenati dall’altrui odio, accettare la deriva mercantile di una società che se ne sbatteva della sua base sociale essendo assai più preoccupata per il destino dei suoi azionisti. E in tutto questo, bisognava anche orientarsi nel labirinto informativo di comunicati in stile Pravda, dichiarazioni fasulle, interviste col bavaglio, silenzi stampa. Quello dell’inglese - un filtro, l’ennesimo, tra il club e i suoi tifosi, tra la realtà e la notizia - era solo la manifestazione superficiale di un problema assai più profondo e perverso che ha riguardato, per 12 anni, il rapporto della Juventus con la verità. Una verità che trovava il suo primo e insormontabile ostacolo nella lingua di Moggi, il quale tratteneva come un setaccio sottile tutte le parole potenzialmente compromettenti e amalgamava il resto nel suo strano idioletto oscuro e allusivo, che le intercettazioni telefoniche hanno mirabilmente immortalato per i linguisti che un giorno ne vorranno studiare a fondo le regole. Moggi diceva per non dire, e taceva quando voleva risultare eloquente. Comunicava, insomma, anche se in una maniera che abbiamo impiegato anni a decifrare, al punto che nemmeno a sentire le registrazioni delle sue chiamate si può avere la certezza di cosa volesse dire o occultare. Sostengono i linguisti che la grammaticalità di una frase non dipende dal grado di verità che essa contiene. In pratica, non è detto che chi racconta una balla sbagli anche i congiuntivi. Ebbene, a Moggi capitava, ed era proprio in questa agrammaticalità parallela tra il suo modo di pensare e il suo modo di parlare che si perdeva il messaggio, che naufragavano i suoi concetti, che la Juve magari vinceva la sfida sportiva (?) depistando i rivali di mercato e mantenendo lontane le polemiche dallo spogliatoio, ma perdeva irrimediabilmente quella della comunicazione. Ora, Cobolli Gigli parla. Ogni tanto si contraddice, qua e là spara qualche stronzata, spesso sembrerebbe vittima di logorree fulminanti. E intorno a lui si muovono personaggi altrettanto loquaci, a cominciare da Lapo Elkann, a cui non a caso Giraudo e Moggi avrebbero volentieri messo la museruola. Ma in generale, se non altro, sembra impegnato a ristabilire un rapporto di amicizia, o quantomeno di fiducia, con la verità. Manca un ultimo passo. Eliminare l’inglese dalla pagina web. Di qui la nostra supplica: rapid, please! ps: per la cronaca, la Juve ha ottento ieri a Trieste la sesta vittoria consecutiva in serie B, 1-0 gol di Zanetti. Sempre per la cronaca, alla Triestina è stato annullata una rete regolarissima. Anche qui il restyling è ancora da perfezionare.

Tratto dal “Manifesto” del 22 ottobre 2006