NON CI SIAMO ARRESI

di Alfredo Papa

Riconosco al vignettista Saviola di aver ben rappresentato il sentimento dei lavoratori e delle
lavoratrici Wella coinvolte dal TAGLIO aziendale che il direttore generale Maier ha da fare. Non altrettanto, anzi contesto, l’impostazione che viene fatta contestualmente nei due articoli Addio alle armi e L’ultima spiaggia dove si parla di sconfitta del sindacato e dei lavoratori. A tale proposito ritengo di fornire alcune precisazioni che, a mio avviso, riposizionano correttamente la reale ed attuale situazione (oggi 25 febbraio) del caso Wella. La scelta della P&G di chiudere tutto il comparto produttivo della Wella Italia a Castiglione attraverso la comunicazione del 24 agosto comportava, nella logica liberista della multinazionale americana, la semplice informativa dei licenziamenti. Premesso che la normativa italiana impone, per questi casi, una procedura di mobilità a tutela dei lavoratori, la cui attivazione prevede un iter ben specifico, l’azienda avrebbe messo in conto una immediata risposta dei dipendenti, anche dura, ma comunque circoscritta in ambito aziendale o quanto meno locale, per poi fiaccarsi; rassegnandosi al proprio destino. Questo non è avvenuto. Le forme e i modi di opporsi ( vedi: I viaggi della speranza, Il boicottaggio, le pressioni politico-istituzionali) sono stati volutamente improntati al massimo effetto comunicativo con il minor costo per i lavoratori, proprio perché si sapeva che la partita sarebbe stata molto lunga ed altrettanto difficile. Gli stessi tavoli istituzionali, ai vari livelli, sono stati possibili perché si è riusciti a bucare quel muro di gomma che si alza in questi casi, proprio grazie alla fantasia o meglio alla “stupidità”, come disse un imprenditore locale, che i lavoratori sono riusciti a attuare, e non purtroppo per i 185 licenziamenti previsti, come abbiamo potuto verificare per altri casi (vedi Rapetti, Aquafil, Allison. Egeo, Grandsoleil ecc.). Ora, cos’è che mi fa considerare ingeneroso oltre che sbagliato quanto riportato nell’articolo? Innanzi tutto l’ affermazione che la partita sia definitivamente chiusa. E’ vero, la procedura di mobilità è avviata, ma è pur vero che l’azienda al Ministero delle Attività Produttive ha assunto dei precisi impegni che la vincolano a percorrere altre strade oltre ai licenziamenti, strade che fino a poco prima non solo non prevedeva ma non ne voleva neanche prendere in considerazione. Proprio in questo momento è decisivo il ruolo dei lavoratori, del sindacato delle istituzioni. Proprio ora bisogna stanare l’azienda dalla sua posizione di attesa, dal prendere tempo, dal cercare di dividere e insinuare il tarlo del dubbio che forse quello che si poteva fare è stato fatto e nulla è possibile. Proprio in queste ore al tavolo di trattativa si sta lavorando per trovare una soluzione occupazionale ma soprattutto industriale. La CIGS, che fino a poco fa non era neppure prevista, deve dare una prospettiva, deve essere uno strumento occupazionale, per questo, i lavoratori e il sindacato stanno, con convinzione e tenacia, costruendo le condizioni perchè questo accada e non diventi solo un’ agonia. L’incontrarsi intorno ad un tavolo dove la trattativa verte sulla discussione di un piano industriale serio e credibile è indicativo che la partita è tutta aperta, che i lavoratori non solo ci sono e stanno lottando, ma dimostrano che con tutti i limiti e le difficoltà del caso, credono e vogliono opporsi ad un destino che li vuole soccombere alla logica della multinazionale. Non abbiamo perso e non ci siamo arresi, anzi forti delle ragioni e con le armi proprie del sindacato siamo in campo convinti che gli obiettivi che ci siamo dati devono e possono essere raggiunti.


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