LA STRANA STRORIA
DEL JUDOKA-OPERAIO

di Fabio Alessandria

La storia che vi voglio raccontare questo mese, mantenendo fede alle promesse, è quella di Sophiane Kezami. Sophiane, come avrete potuto intuire dal suono del suo nome, non è esattamente nativo della pianura padana ma spero che questo non rappresenti un problema. Perché è un judoka dannatamente bravo e uno sportivo onesto oltre che un lombardo adottivo (cosa non di poco conto tenendo presente quanto sia disperato il tentativo di far coincidere il mondo con l’epopea celtica). Sophiane comincia a fare le prime prese in Tunisia, paese di antica e recente dominazione francese e che ha, quindi, una solida tradizione judoistica. Il ragazzo ci sa fare e vince caterve di tornei giovanili. A diciassette anni parte verso l’Italia. Arriva a San Severo, in Puglia, e continuare l’attività sportiva non è proprio agevole. Lavora in una masseria. Si allena poco perché spostarsi a piedi e coi mezzi pubblici lo costringe a grandi sacrifici per poter stare poco tempo effettivo sulla materassina. Spesso si allena da solo. Rimane in Puglia per quattro anni. Si trasferisce a Cavriana dove prende alloggio e trova lavoro. Passa alcuni mesi in cerca di una palestra dove potersi allenare e, finalmente, approda all’A.S. Judo “le Sorgive”, sotto la guida del maestro Serenelli. I primi periodi di frequentazione sono fruttuosi ma complessi. Kezami, infatti, è figlio di una tradizione portata verso l’agonismo e per la preparazione atletica finalizzata alla competizione; dall’altra parte la filosofia della palestra è più orientata verso il momento educativo e formativo del judo. Il matrimonio comunque procede bene. Sophiane si ambienta e comincia a gareggiare per la sua nuova società. Non può fare i campionati italiani assoluti per motivi regolamentari, legati ovviamente alla nazionalità ma può partecipare alla Coppa Italia che vince nel 2002, nella categoria dei 66 kg. Nel frattempo vince anche tutti i tornei a cui può prendere parte, che vanno a vario titolo sotto il nome di Campionati UISP e Libertas. I grandi risultati, impressionanti anche per continuità, lo portano diretto agli stages della federazione nazionale tunisina e, nel 2003, alla convocazione per gli Open di Tunisia, torneo che assegna i lasciapassare per le Olimpiadi di Atene. Sophiane combatte stupendamente e centra il terzo posto assoluto che vale l’olimpiade. Purtroppo le casse della Federazione tunisina sono esangui: non ci sono soldi e Sophiane deve rinunciare. Il ragazzo non si perde d’animo, nonostante le fatiche di una vita da operaio-sportivo. Continua ad allenarsi regolarmente dopo i turni da saldatore, sfruttando ogni occasione per dimostrare di essere all’altezza dei migliori atleti italiani (i rappresentanti dei corpi sportivi militari possono, tuttavia, passare tutta la giornata ad allenarsi, senza la preoccupazione di dover portare a casa i soldi per l’affitto e non è una differenza da poco). Sophiane ottiene però continui riconoscimenti al suo talento e resiste. Ora ha la grande chance di perfezionarsi con la leggenda del judo italiano Ezio Gamba, quattro volte olimpionico, vincitore di un oro a Mosca nel 1980 e dell’argento a Los Angeles 1984 e, per di più, sta aprendo una palestra tutta sua a Castiglione. L’obbiettivo è fissato su Pechino, nel 2008.