INGLESE BORGHESE, ITALIANO ALL’ITALIANA

di Fabio Alessandria

L’argomento di questo mese, non potevamo esimerci, di gran moda e peraltro non nuovo per questa rubrica è quello della violenza negli stadi. Campionati sospesi, provvedimenti d’urgenza, corse ai tornelli (gli ultimi son stati acquistati all’estero, non si trova più un tornello in tutta la penisola…) e lento ritorno al tifo negli stadi dopo l’increscioso omicidio di Filippo Raciti, durante l’ultimo Catania- Palermo di Serie A. Sento da ogni parte invocare il ricorso al famoso Taylor Act, con cui nel 1989 il governo Thatcher stroncò sostanzialmente il fenomeno hoolingans (almeno entro i patri confini…), e di sicurezza negli stadi, di modello inglese. Ebbene il Taylor Act fu la conseguenza di oltre 200 morti durante le manifestazioni ufficiali. Le misure furono poche ma durissime. Stadi piccoli e controllabili di proprietà delle società, sicurezza interna a carico delle stesse. Pieni poteri agli stewards, equiparati a poliziotti per le due ore di svolgimento della partita, video sorveglianza interna, biglietti nominali controllati con scrupolo. E pene severissime per i trasgressori. Se un tifoso tira in campo una pallina di carta rischia fino a un anno di carcere (che poi sconta per intero e per davvero). Tuttavia il numero delle aggressioni e dei feriti, delle denunce non è diminuito sensibilmente. In pratica le risse si sono spostate dagli stadi ai pub, o nelle zone franche delle città dove la polizia finge di non vedere gli scontri del tifo organizzato. In sostanza lo stadio, in Inghilterra, è oggi un luogo sicuro ma il problema non è stato risolto, è stato spostato. Un’altra cosa resta da dire fuori dai denti. Ci sono due fasce principalmente problematiche tra i tifosi: gli under 25, spesso schierati politicamente agli estremi e inclini alla violenza, e i sottoproletari, che vedono la partita come contrapposizione feroce e possibilità di riscatto sociale. Ebbene in Inghilterra il prezzo di un biglietto tra i “popolari” è passato dai 7 euro circa del 1991 ai 42 euro circa di oggi. È ovvio che il problema in qualche modo sia stato risolto lasciando fuori dai cancelli le categorie più a rischio, visto che un costo del genere non possono sostenerlo. In Italia però la situazione è diversa. Ed è squisitamente politica. Un pacchetto di norme antiviolenza esiste da un po’ (il famoso decreto Pisanu) ma i problemi veri sul tappeto sono altri. E possono essere risolti in modo semplice. Tutte le curve ultras vanno immediatamente sciolte, con apposita legge. Non esiste, in questo caso, distinzione tra ultras buoni e cattivi, semplicemente perché quella del tifoso non è una professione, dev’essere una passione sana. Del resto nessuno vuole le curve di ultras: non le società che pure hanno pericolose convivenze, non la maggioranza dei tifosi che se ne fregano e, intimamente, disprezzano. I prezzi dei biglietti vanno abbassati e gli stadi ammodernati, con speciali tariffe per bimbi e famiglie. È ora di tornare a giocare. Vanno imposte regole che poi si possano applicare. Se un tifoso commette un’infrazione va in galera o a nettare gabinetti e ci resta per un anno, come minimo… (altro che la firma in questura) e allo stadio non ci rimette più piede per il resto della vita. La sicurezza vada a carico delle società entro e non oltre 3 anni. Non possiamo permetterci di impiegare così tanti poliziotti per mantenere uno svago ludico. Il discorso però lo si sta facendo in Italia e diventa, quindi, subito eccezione. In un paese serio il modo per risolvere i problemi comuni lo si troverebbe. Ma da noi vige la legge del “mio figlio ha ragione”, della deroga piccola e grande, del cavillo, del vediamo. E, pur senza uscire da un luogocomunismo purtroppo vero, da noi vince il più furbo, quello che ti frega nella coda, e il simulatore in area di rigore è un eroe. Vedremo se da un ambito così ristretto si scuoterà questo Stivale, nella vera battaglia del nuovo millennio: il ripristino della legalità nel paese dei corrotti e dei politici condannati che però decidono delle nostre vite.


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