A CIASCUNO IL SUO

di Diego Albano

Scrivo questo editoriale tenendo sott’occhio l’intervista di pagina 4, ma soprattutto la lettera pubblicata nella pagina a fianco, che abbiamo ritenuto degna di essere riportata in evidenza. E’ vero, all’interno delle comunità islamiche (ma non solo) è possibile che si sviluppino fenomeni di delinquenza come quello di cui è stato vittima il nostro lettore. Ma si tratta, appunto, di delinquenza. Non terrorismo internazionale. E non credo nemmeno che la delinquenza comune possa evolvere nel terrorismo. Diverse sono le radici e le motivazioni che stanno alla base dei due fenomeni. Quanto scritto nella lettera tradisce comunque un senso di “assedio” che, per quanto sia comprensibile, non può essere preso come punto di riferimento da chi ci governa. Quando un uomo politico, in un paese come Castiglione delle Stiviere, afferma di voler fare un censimento dei Call Center a seguito degli attentati di Londra, commette due errori: il primo è un errore di prospettiva, che lo porta ad identificare un covo terrorista in qualsiasi luogo frequentato da islamici. E’ un atteggiamento allettante, ma molto, molto pericoloso. Il secondo è dato dal fatto che il consigliere scavalca le forze dell’ordine e la magistratura, suggerendo quella che è una pura operazione di polizia. Non a caso anche il nostro lettore sembra dare credito ad una delegittimazione delle forze dell’ordine, quando racconta che si è sentito rispondere che i carabinieri “tanto non vengono perché non è la prima volta. Meglio che gli lasci il telefono altrimenti non torni viva”. Spero non abbia seguito il consiglio del barista e li abbia poi chiamati, i carabinieri. Spetta a loro condurre operazioni di polizia e tenere d’occhio, se ritenuto utile, i Call Center. Altri sono invece i compiti della politica. Non è una questione oziosa: è da atteggiamenti come questi che si misura il senso dello stato. Ma questi islamici, si può obbiettare, non vogliono integrarsi. Si veda pure il caso della scuola di Via Quaranta, a Milano. I genitori si rifiutano di mandare i figli alla scuola dell’obbligo italiana. Bene. Anche qui, come per la questione dei crocifissi nelle aule, l’unica soluzione passa attraverso un senso dello stato, o meglio della repubblica, che si sta lasciando da parte in un clima di guerra religiosa. I bambini devono andare alla scuola dell’obbligo, questo dice la legge. I crocifissi nelle aule, in uno stato laico, non ci devono essere, questo afferma la corte costituzionale. Si faccia dunque rispettare la legge, senza dimenticare che non si tratta solo di un problema di ordine pubblico e che l’integrazione è fatta anche di concessioni, come la possibilità di frequentare un corso di arabo pomeridiano. Perché se continueremo a cercare l’integrazione a colpi di crocifisso allora sì, sarà davvero una guerra di religione.