IL VIVAIO DELLA DISCORDIA

di Dario Ferrarini

È un contenzioso che dura ormai da diversi anni, quello che ha interessato l’azienda floro-vivaistica situata in via Santa Maria, nelle vicinanze dell’omonimo ex convento. Una vicenda non ancora conclusa, che ha visto anche il pronunciamento della Cassazione. Tutto iniziò nel 2003, quando la commissione edilizia comunale rilasciò il permesso a costruire per la realizzazione di una nuova azienda agricola, costituita da abitazione rurale, portici e serre. In tale commissione c’era stato un solo voto contrario, poiché l’opera veniva ritenuta incompatibile dal punto di vista ambientale. La zona è infatti soggetta a vincolo paesaggistico, data la vicinanza del convento risalente al Cinquecento. Inoltre il cantiere rientrava all’interno di una zona interessata da ritrovamenti di età preistorica, preromana, romana e medievale, e pertanto, inserita in un elenco delle località di interesse archeologico nel comune di Castiglione, stilato dalla Sovrintendenza Archeologica del Ministero per i Beni Culturali nel 1992. Fu in base a questi elementi che, nell’autunno 2004, un esponente provinciale dei Verdi fece ricorso presso il Tribunale di Mantova, ritenendo il cantiere un abuso edilizio e un grave deturpamento del paesaggio. L’esposto fu accolto dalla magistratura che dispose pertanto il sequestro del cantiere, dopo aver appurato che la concessione edilizia era stata rilasciata senza il permesso della Regione, obbligatorio per poter costruire in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico come quella di Santa Maria. La legge Regionale prevede, infatti, che in tali aree il comune possa rilasciare concessioni solo per interventi marginali e in ogni caso su strutture già esistenti. Successivamente però il tribunale del Riesame di Mantova, dichiarò illegittimo il sequestro del cantiere accogliendo il ricorso dei proprietari, e stabilì il dissequestro dell’area, permettendo così la ripresa dei lavori che ormai erano quasi giunti al termine. La decisione del tribunale fu però contestata dal pubblico ministero, il quale inoltrò ricorso alla Cassazione: il magistrato sosteneva infatti l’illegittimità della concessione comunale, anche nel caso in cui il comune avesse potuto rilasciare il permesso sostituendosi alla Regione, data la mancanza di relazioni indispensabili per i vincoli che interessano quella zona. Alcuni mesi fa la pronuncia della Suprema Corte, che ha accolto in parte le istanze del magistrato, ritenendo che il parere espresso dagli esperti ambientali in sede di commissione edilizia sull’impatto dell’opera fosse carente di motivazioni. Ma la vicenda è ancora lontana dall’essere conclusa: in considerazione della sentenza della Cassazione, infatti, si è già tenuta un’udienza presso il tribunale di Mantova, nella quale il Comune di Castiglione ha chiesto ulteriore tempo a disposizione per presentare delle nuove motivazioni ambientali. L’udienza è stata quindi rinviata ad altra data.


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