PER NON DIMENTICARE UN GENIO SCOMPARSO

di Giovanni Caiola

È sempre bello che ci si ricordi di Fabrizio De André, ma è ancor più bello quando ciò accade senza deturparne lo sterminato talento artistico. E proprio per questo ho tirato un sospiro di sollievo al termine dell’esibizione degli Accordinsettima, lo scorso 26 maggio, nel cortile di Palazzo Pastore a Castiglione d/S. Non avendo mai avuto occasione di sentirli in precedenza, temevo difatti potessero non essere all’altezza dell’improbo compito spettante loro quella sera. Invece i musicisti (chiedo loro un mare di scuse ma non sono riuscito ad appuntarmi i loro nomi) si son dimostrati davvero bravi nel saper rendere al meglio alcuni brani del repertorio del cantautore genovese. La serata, patrocinata dal Comune di Castiglione e dalla Croce Rossa, si è rivelata così un’ottima occasione per ascoltare buona musica e parole immortali. Il concerto è iniziato con le note della sempre commovente Creuza De Mä ed è poi continuato con il country di Avventura a Durango (già una cover nella versione del Faber, essendo l’originale di Bob Dylan) e con le suggestioni balcaniche di Khorakhané (più il tempo passa e più le ultime canzoni di Fabrizio acquistano significato, sarà un caso?). Nel prosieguo dell’esibizione (non mi propongo di citare qui tutte le canzoni suonate ma solo una parte per rendere un’idea della qualità e della varietà delle canzoni stesse) sono stati poi eseguiti tanto brani classici – Un giudice, Bocca di rosa, Canzone dell’amore perduto, Andrea, La guerra di Piero, La canzone di Marinella e Via del Campo – quanto pezzi magari meno conosciuti “popolarmente” ma altrettanto degni di nota: l’ironica A dumenega, la sferzante Princesa (riascoltatela oggi in questi tempi di Pacs e Gay Pride), quella Hotel Supramonte il cui testo varrebbe da solo l’assegnazione di un Nobel per la letteratura al suo autore, la delicatissima e struggente Le acciughe fanno il pallone e la trascinante Volta la carta. Il concerto si è poi chiuso con un brano sicuramente minore nel canone di De André, ma che il sottoscritto ha sempre molto amato: Zirichiltaggia, testo scritto e cantato in dialetto sardo, più che un brano lo si potrebbe definire uno stile di vita. In realtà poi ci sono state due canzoni proposte come bis (la Geordie originariamente di Joan Baez e Il pescatore), degna chiusura di una esibizione piuttosto felice da parte degli Accordinsettima. Piuttosto e non totalmente perché qualche sbavatura c’è stata – ad esempio Creuza De Mä e A dumenega sono state eseguite in modo eccessivamente veloce – ma si tratta di fisime da fan di De André allo stadio terminale quale sono piuttosto che vere pecche. Inadeguata m’è parsa piuttosto l’acustica, nonostante la bellezza dello scenario non m’è sembrato infatti che quel cortile sia risultato adatto a rendere tutte le sfumature sonore. Al di là comunque dell’acustica, in ogni caso non pessima, è stata una bella serata di musica che ha degnamente coronato i lodevoli sforzi degli organizzatori. Speriamo non rimanga un’iniziativa isolata.


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