OMAR ENRIQUE, L’UOMO CHE INVENTO’ IL TUNNEL…

di Fabio Alessandria

Una volta Ezio Vendrame, talentuosa mezzapunta di Vicenza e Napoli negli anni Settanta, dopo aver dribblato tre difensori e messo a sedere il portiere con una finta, invece di fare gol tornò verso il centrocampo dichiarando in seguito di averlo fatto perché “anche il portiere è un uomo e merita una seconda possibilità”. Omar Enrique Sivori era diverso e non la pensava di certo così. Calzettoni abbassati, voglia di correre poca, applicazione agli schemi nulla. Omar Sivori aspetta il difensore, lo salta, si fa rimontare restando in surplace, lo dribbla di nuovo, si arresta, aspetta il momento esatto e gli fa passare la palla in mezzo alle gambe. Ecco il tunnel, il colpo che lo ha reso famoso. Sivori era un giocatore di tecnica sopraffina, fiacco nel gioco lungo e nei colpi di testa, immarcabile nell’uno contro uno e funambolico nello stretto, un uomo che ha di certo rovinato di più il tacco e l’esterno degli scarpini che non la punta e il piatto, insomma. Nasce calcisticamente nel River Plate dove in tre anni vince tre scudetti e la Copa America con l’Argentina. Arriva in Italia nel ’57, per 160 milioni di lire, alla Juve e con quei soldi il River ricostruisce le tribune dello stadio. Diventa presto “il vizio dell’Avvocato” per le sue doti spettacolari, da “vero sudamericano”. Con John Charles crea una coppia d’attacco incredibile. I due fanno sessanta reti complessive nel primo campionato. È subito scudetto. Sivori colleziona con la Juventus 3 scudetti e 2 Coppe Italia in otto stagioni e una sequela straordinaria, trattandosi di un attaccante, di espulsioni e squalifiche. Il “Cabezon” è un provocatore, cerca l’umiliazione dei difensori, li deride, subisce entrate da codice penale e le ritorna; salta coi gomiti alti spaccando più di un sopracciglio, molla anche qualche sganassone gratuito rimediando più di trenta espulsioni in 278 partite in serie A. L’anno d’oro è il 1961. Segna 25 gol e vince il Pallone d’Oro, primo italiano, naturalizzato grazie ad una bisnonna, della storia del futbol. Il tecnico Ferrari lo convoca nella nazionale italiana, gioca regista rubando il posto a Rivera: l’Italia si spacca in due e ai Mondiali del 1962 si fa una figura barbina. Alla fine Omar gioca in maglia azzurra nove partite e fa otto segnature. Vengono stagioni d’ombra per la Juve, schiacciata dalle milanesi del Mago Habla Habla Herrera e del Paròn Rocco. Charles passa alla Roma, Omar al Napoli, nel 1965, assieme all’altro oriundo Altafini. Anche il San Paolo lo adora. Senza saperlo i partenopei stanno già vedendo giocare Maradona, anche se al rallentì. Tutto mancino, giocatore spavaldo e imprevedibile sarà lui a segnalare alla dirigenza della Juventus che il suo erede è proprio Dieguito. I bianconeri non ci credono e così Sivori insiste col Napoli. Sappiamo tutti come andò a finire. Con la morte di Sivori, l’uomo che inventò il tunnel, si chiude per sempre la stagione del calcio bello e lento, consegnato alla storia dalle giocate dei fantasisti senza marcature a uomo, dalle invenzioni fantastiche di Niccolò Carosio alla radio e dalla prosa espressionista di Gianni Brera. Adios Grande Zurdo.


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