ADDIO ALLE ARMI

di Diego Albano

Entro il mese di Marzo la produzione di Wella Italia partirà per la Francia del Sud, qualunque sia l’esito delle trattative fra le aziende interessate al rilevamento dell’attività.
E’ una sconfitta senza appello. Sindacati e lavoratori hanno perso, e hanno mancato l’obbiettivo primario di far tornare il gigante multinazionale sui suoi passi. E’ un dato di fatto, a partire dal quale è necessario rileggere la strategia sindacale degli ultimi mesi per individuare le cause della sconfitta.
L’azione di Cgil, Cisl e Uil è stata improntata, fin dall’inizio, al boicottaggio e ad un uso centellinato dello sciopero. La strategia (sostenuta anche da La Civetta) si basava sul danno d’immagine, e quindi economico, che la multinazionale Procter and Gamble avrebbe dovuto subire grazie alla martellante presenza mediatica dei lavoratori. Eppure negli ambienti aziendali si sussurrava già il mese scorso che le vendite di P&G, dopo un lieve calo “emozionale” durante la prima settimana di mobilitazione, avevano ripreso il loro corso. Però la multinazionale è stata costretta, afferma la Cgil Castiglionese, a sedersi con le parti sociali attorno a un tavolo, nella rassicurante cornice del Ministero per le Attività Produttive. In quel ministero, la controllata Wella Italia ha annunciato l’avvio della mobilità per i lavoratori della produzione, senza dover subire pressioni di sorta da parte della sede istituzionale. Tanta presenza mediatica, tanti viaggi della speranza hanno portato a questo. Una delle principali ragioni del fallimento del boicottaggio sta forse nella difficoltà, anche per un individuo convinto della forza di tale strategia, di attuarlo. La lista di prodotti Procter and Gamble venduti in un supermercato è molto lunga, e abbraccia uno spettro di marche forti di una solida tradizione e spesso protagonisti di imponenti campagne pubblicitarie. Per creare un ingente danno economico al gigante P&G sarebbe stata necessaria un’inedita presa di coscienza nei consumatori a livello nazionale, un fenomeno che ancora non si è visto nemmeno per campagne di lunga data come quella orchestrata ai danni della Nestlé.
Va quindi riconsiderata la possibilità di un sindacato forte, radicato sul territorio, capace di imporre il blocco totale della produzione non solo dell’azienda interessata, ma anche degli stabilimenti presenti nel medesimo tessuto produttivo. Purtroppo l’attuale debolezza sindacale ha radici profonde, ancorate ad una precarietà diffusa nel mondo del lavoro che non facilita l’azione delle Rsu. Questo non giustifica il fatto che, per molti operai Wella, le riunioni sindacali dei mesi scorsi fossero le prime della loro vita. In futuro, le basi per ridare fiato alle organizzazioni dei lavoratori dovranno essere gettate dai sindacati stessi, che negli anni della concertazione hanno dato, in un modo o nell’altro, il loro addio alle armi.