IL PROBLEMA DEI PROBLEMI

di Claudio Morselli

Con poche semplici parole, ordinate in una sintesi perfetta e di grande efficacia, Papa Benedetto XVI ci ha sbattuto in faccia il problema dei problemi che attanaglia la nostra epoca moderna, ma di cui ben pochi parlano e che in molti hanno dimenticato o hanno fatto finta di dimenticare. La critica del capitalismo, oggi, col dilagare del pensiero unico, non è molto praticata, anzi. Se lo fai sei un estremista, un massimalista, un vetero-comunista o, peggio, un sovversivo. Dunque, anche il Papa…..? No, col Papa non si può, col Papa non sta bene far polemiche, meglio far finta di niente, anestetizzare. Silenzio. Censura. Ma il problema rimane, il problema dei problemi: in che mondo viviamo? E con quali prospettive per il futuro, se il potere del denaro aumenta le ingiustizie sociali e distrugge il pianeta? Ecco, quindi, che il problema del capitalismo si ripropone in tutta la sua drammaticità. Ma la politica è in ritardo, l’argomento non è all’ordine del giorno, se non in alcune forze marginali o all’interno di alcune componenti minoritarie di qualche partito. Il Pd nasce con i mito della modernizzazione: globalizzazione, ambiente e conflitto capitale-lavoro non sono un problema. La lotta di classe, chi si ricorda ancora della lotta di classe? Il libro di Oscar Marchisio, Bologna operaia, che è stato presentato all’Arcidallò il mese scorso, ci avverte che la lotta di classe esiste ancora, ma… la stanno facendo i capitalisti! È vero. Negli ultimi venticinque anni di ubriacatura neoliberista è stato sferrato un attacco senza precedenti alle conquiste dei lavoratori italiani, che si vedono decurtare continuamente le prestazioni pensionistiche e si ritrovano con la busta paga più bassa d’Europa, tanto che è dovuto intervenire, per denunciare questo scandalo, lo stesso Governatore della banca d’Italia. Secondo i dati della contabilità generale dello Stato, dal 1980 al 2006 è stata realizzata, nel nostro paese, la più grande operazione di redistribuzione dei redditi della storia a danno, naturalmente, del redditi da lavoro (che sono passati dal 73% al 63% del reddito nazionale) e a favore di profitti e rendite finanziarie (che erano al 27% e ora sono al 37%). Come un Robin Hood al contrario, si ruba ai poveri per dare ai ricchi, i quali non pagano nemmeno le tasse, come risulta dal fatto che la maggior parte delle grandi imprese italiane denuncia redditi irrisori, se non addirittura in perdita. Nel frattempo, con l’invenzione della “flessibilità” e dei contratti di lavoro atipici (“parasubordinati”), il lavoro è diventato precario, instabile, e milioni di giovani si trovano invischiati nella trappola della precarietà, “schiavi moderni” con paghe da fame, senza garanzie, senza futuro e senza dignità. Queste condizioni, aggravate dall’aumento dei prezzi, degli affitti e dei mutui, hanno fatto precipitare nella fascia della povertà milioni di famiglie, che non arrivano alla fine del mese. Ma i problemi diventano altri, ed ecco che, col pretesto di un grave fatto di sangue, parte un’offensiva politica e mediatica senza precedenti. Sull’altare della “sicurezza” e della “legalità” si fa tabula rasa dei valori tradizionali di accoglienza e solidarietà che da sempre hanno contraddistinto la cultura cattolica e quella di sinistra. È partita la caccia al rumeno, con rimpatri indiscriminati e di dubbia costituzionalità (oltretutto inefficaci perché gli espulsi possono sempre rientrare). Le forze dell’ordine demoliscono le baracche abusive e disperdono nel fango le poche cose che c’erano dentro, lasciando in mezzo a una strada, senza nemmeno una tettoia per ripararsi, tutti i suoi occupanti, senza alcuna distinzione, anche le donne e i bambini. È questa la nostra umanità? Ma che c’entra, questo, con legalità e sicurezza? La sicurezza dei cittadini è un diritto che va garantito, a tutti i livelli, ma è possibile che non si riesca a colpire ladri e delinquenti senza criminalizzare un popolo intero, senza coinvolgere persone innocenti? Così si soffia sul fuoco del razzismo e della xenofobia, tanto che già arrivano le squadracce con spranghe e passamontagna. Ma perché non si comincia a intervenire sulle cause sociali dell’emarginazione e della violenza? Non dobbiamo dimenticare che la violenza sulle donne avviene, nel 90% dei casi, in famiglia, tra le mura domestiche, e non è quindi una questione di ordine pubblico, ma un problema culturale che riguarda il dominio e l’aggressività delle persone di sesso maschile sull’altro sesso. Ma è più semplice trovare un capro espiatorio e sparare nel mucchio.