CENTOCHIODI
PER LA NOSTRA IDEA DI CULTURA E DI INTELLETTUALE

di Luca Cremonesi

Ho rivisto il film di Ermanno Olmi, Centochiodi, e lo trovo splendido con un concetto forte che lo sostiene. Forse non è una pellicola eccelsa (ma concordo di più con chi ne ha colto l’essenza filmica e su queste pagine ne ha detto bene), ma è un concept attuale su cui vale la pena riflettere.

In luglio è uscito un articolo su Repubblica (che trovate nel nostro sito con il titolo di Badiou–Repubblica) che rendeva conto dell’accesa polemica tutta francese contro il filosofo Alain Badiou dopo la pubblicazione del suo monumentale Logiques des mondes e del più agevole Circostances 3. Riassumo: Badiou, vecchio leninista-maoista ha dichiarato che la sinistra di oggi - con tutte le sue intellighenzie – deve scomparire per poter, finalmente, rinascere! In modo radicale ha detto Nanni Moretti, da buon moderato filo PD, a Piazza Navona qualche anno fa: con questa gente la sinistra non farà più nulla! La posizione di Badiou è più profonda (meno male) di quella di Moretti: anche gli intellettuali di sinistra, e chi gravita nell’area culturale sinistrorsa, ha fallito e si tratta ormai solo di inutile paccottiglia bolsa e inutilizzabile. Badiou si riferisce a quanto è successo con la vicenda Sarkozy: molti intellettuali di sinistra si sono fatti abbindolare dal leader della destra e sono passati dalla sua parte. In Italia questo fatto sarebbe passato sotto silenzio, come accade ormai da parecchi anni, ma in Francia su alcune cose non si scherza soprattutto quando si tratta dell’ambiente parigino! È una questione di Stato, è motivo di grandeur… anzi ne è l’anima neppure tanto nascosta! Un nome su tutti: André Glucksmann (uno dei leader del ’68) che dichiarò, in un articolo apparso ne Il Corriere della Sera, di votare Sarkozy perché rappresentava il nuovo contro il vecchio dei socialisti. Da un punto di vista teoretico basta il commento dell’amato Gilles Deleuze per non leggere più nessun suo libro, ma da un punto di vista politico la sua posizione ha affascinato molte persone. Io ci ho pensato un poco (lo confesso, sono umano, troppo umano) poi sono arrivato alla conclusione che è facile abbandonare la barca quando affonda, soprattutto se si è fra i responsabili – e neppure secondari – di questo naufragio.

Io credo che Badiou abbia ragione da vendere. Come Olmi d’altronde. Trovo che i due personaggi dicano la stessa cosa, anche se con sfumature diverse, con potenza Badiou, con pacatezza Olmi. La cultura italiana oggi, infatti, non ha più nulla da dire se non trincerarsi, senza spirito critico, dietro i giganti del passato che vengono continuamente eretti ad autorità intoccabili con cui difendersi da ogni attacco (lo scrive anche Bonito Oliva su Repubblica del 23 luglio scorso). Io sono con Bruno Zevi: serve rovinare le rovine. Si riferiva al fatto di radere al suolo l’Altare della Patria, ma in generale in Italia si distrugge poco. Noi conserviamo tutto – siamo il popolo del maiale - e non dimentichiamo nulla come invece sostiene Nietzsche fra le pratiche del vero pensatore. Noi siamo il popolo della ricerca forsennata del classico, tanto che dopo vent’anni tutto è oggetto d’epoca e classico (macchina, abbigliamento, musica, idee, case). Il classico come ispirazione e autorità morale: si pensi che quelli che chiamiamo classici non avevano, quando hanno pensato e affermato le loro idee, dei “classici” di riferimento! I “classici” hanno affermato e creato i loro valori, e cioè ciò che gli serviva per capire, pensare, interpretare e ricordare la loro epoca. Qui risiede la loro potenza, che è sempre nella capacità di porsi in modo corretto le domande, e non sul valore delle risposte prodotte.

Noi, come nel film di Olmi, viviamo di libri, e cioè di passato (glorioso, ma pur sempre di passato si tratta) e, soprattutto, non viviamo, come il prete (che già di suo, in quanto prete, vive poco e a mio avviso Olmi ha scelto di proposito questo personaggio) accusando l’esterno quale fonte dei nostri mali. Il corto circuito è interessante: si è intelligenti solo se si leggono molti libri - quindi se si è gonfi di passato e ne sappiamo dire qualsiasi cosa – ma la mancanza di valori e di cultura è sempre colpa della società presente. Come ha ben fatto vedere Olmi sarebbe ora di inchiodare un po’ di libri e, di conseguenza, inchiodarci alle nostre responsabilità perché, ricordiamolo bene, è sempre una persona che legge un libro e non mi sembra che i “grandi lettori” contemporanei (e lo dice uno che legge, in media, otto/dieci libri al mese solo per piacere) esprimano un’interessante civiltà alternativa. Ripeto: i classici non avevano le biblioteche che abbiamo noi (si capisca in che senso lo dico) eppure affermavano valori, concetti, idee e stili di vita! Il classico, dunque, è colui che non ha paura di affermare e di dire qualcosa – ed è per questo che continuiamo a leggerli – e non il depositario di valori morali e principi etici!

Badiou ha ragione quando afferma che le intellighenzie di sinistra – e parlo di queste perché le ritengo responsabili di molti pre-giudizi e dell’allontanamento dei suoi elettori, nonché della diaspora – dovrebbero scomparire perché ormai incapaci di capire questi discorsi. Si veda come le nostre intellighenzie di sinistra hanno accolto il film di Olmi: “non si rovinano i libri”, “i libri sono sacri”. Olmi lo dice chiaramente: è l’uomo (il singolo) ad esser sacro e non il libro, ed è per questo che è sempre l’uomo (e non la società, il libro, il tempo, la Chiesa e il mio pezzo di due mesi fa diceva questo) responsabile di quello che legge e (non) capisce e di quello che decide di fare o non fare. Se seguiamo solo i nomi mediatici e i grandi eventi non siamo affatto naif, e neppure raffinati, ma solo merce acquistata dai media e dalla grande cultura di massa. Siamo, forse, un po’ più raffinata delle folle che si accalcavano per il Karaoke di Fiorello, ma non molto di più. A questo si aggiunga l’alibi – i mille alibi dico con cognizione di causa – che siamo stanchi e sempre molto impegnati alla fine della giornata. Inizio a credere che anche questa sia una strategia chiara e precisa per darci la giustificazione di esser portati solo allo svago fine a se stesso e privo di divertimento. Il soggetto della frase non è un fantomatico Loro (non si preoccupino gli amici), ma noi stessi. Se noi per primi non abbiamo nulla di potetene da affermare è dura che la nostra epoca abbia qualcosa da dire (come la nostra arte, cultura, civiltà, umanità) e in questo siamo lontani mille anni luce dai classici. Non siamo loro vicini perché ogni due anni ri-traduciamo Seneca e Aristotele scoprendo che “casa” in realtà è “abitazione”.

Noi non affermiamo nulla e chi lo fa è tacciato di giacobinismo, di vecchiaia e/o infantilismo, di rivoluzione, di manicheismo, di follia, di stupidità, di pelo sullo stomaco (ma ci vuole sempre vicino un bicchiere, dice Vasco) e così via. Speriamo, come dicono Olmi e Badiou, in una vera rivoluzione che spazi via tutto, ma questa rivoluzione deve venire da noi. Ne siamo capaci?


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