IL V-DAY E LA PALUDE ITALIANA

di Luca Morselli

“Un paese che affonda sotto i colpi di una classe dirigente sempre più prodiga di cattivi esempi, in un deserto di valori. Un ceto politico affannosamente complementare nella finzione tra destra e sinistra. Un potere barricato in un Residence privo di cultura, che sostituisce la realtà con la sua rappresentazione televisiva. L’Italia mafiosa di oggi, ben oltre la mafia tradizionale negli interessi e nei comportamenti”.

Oliviero Beha, Italiopoli

Scrivo questo pezzo pochi giorni dopo l’evento, nazionale e non solo, del V-Day, una manifestazione organizzata con il compito di raccogliere firme per una proposta di legge, messa in scena da Beppe Grillo a Bologna sabato 8 settembre, parallelamente ad altre 200 città, in cui sono stati allestiti banchetti con il medesimo scopo, fra le maggiori italiane e alcune all’estero e anche con la partecipazione di piccoli comuni (un V–Day era presente infatti anche a Volta Mantovana). La proposta di legge contiene tre punti: l’ineleggibilità in Parlamento per candidati condannati in via definitiva; la preferenza diretta del candidato da esprimere sulla scheda elettorale al momento del voto, che abolirebbe quindi le odiose “liste chiuse” che hanno ridotto le politiche del 2006 a tracciare semplicemente una “X” su una lista o su di un’altra e, ultimo punto, la possibilità per ogni candidato di effettuare al massimo due legislature. Il V-Day ha riscosso un successo enorme, con la raccolta di oltre 300mila firme e, d’incanto, ha risvegliato l’attenzione degli adepti della Casta politica blindata, sempre nervosi e arroganti quando la poltrona comincia a bruciare il fondoschiena di chi la occupa ininterrottamente da anni, regalando un’onda lunga di attenzioni al “fenomeno” Grillo su giornali e tv, sempre in ritardo rispetto alla Rete, tempio e luogo d’azione privilegiato del comico genovese. Qualche editoriale di cautelata attenzione che già si fa critica, vedi Michele Serra e Curzio Maltese su la Repubblica e Riccardo Barenghi sulla Stampa, e molti viscidi e cortigiani attacchi, tutti insieme appassionatamente da Vittorio Feltri e Mauro Belpietro su Libero e il Giornale, da Mauro Mazza dal suo altare a garanzia partitocratrica del Tg2 a Eugenio Scalfari sempre su Repubblica, segno che l’avanzare della vecchiaia non salva nessuno da un intellettualismo grigio e sterile. Il motivo comune e dominante delle varie critiche è l’accusa mossa a Grillo di essere populista e demagogico, di fare della spicciola e semplice antipolitica.

Non c’è niente da fare. Ogni speranza è vana. La classe dirigente, vecchia, ovattata, inciuciata e autoreferenziale, non accetta ricambio, tiene le finestre del Palazzo, o meglio del Residence, visto l’aumentare di barche, veline, voli privati ai Gran Premi di Formula1, frequenze assidue di vip straccioni e d’accatto, ermeticamente chiuse, prevenendo sistematicamente ogni boccata d’aria al loro perpetuo potere. Perché il “fenomeno” Beppe Grillo è una grossa boccata d’aria, dà voce a tutta quella parte d’Italia che è stufa di vedere le stesse persone da 20 anni, che non riesce più a spiegarsi come i partiti possano continuare ad essere una piaga del Belpaese. Gli insulti di antipolitica sono ovviamente stupidi e senza ragione d’essere: cosa c’è di più politico che una manifestazione pacifica di massa, del popolo, che secondo l’Articolo 1 della Costituzione detiene il potere sovrano, con l’obiettivo di raccogliere firme per una proposta di legge? Secondo Mastella, Clementone da Ceppaloni, in cui detiene da 30 anni un potere feudale, ascoltare la piazza è “antidemocratico”. Lo sa bene lui, con il suo super partito da poco più dell’1% dei voti (ovviamente dei votanti, non certo degli aventi diritto). Sempre lui che, a proposito della non eleggibilità in Parlamento dei condannati in via definitiva, è stato testimone di nozze (!) del boss mafioso siciliano Campanella (!!), e occupa, nientepopodimenoche, il ruolo di Ministro della Giustizia (!!!). Un’altra illuminante critica è arrivata dall’arguto Gianfranco Fini, in disaccordo sulla non eleggibilità dei condannati, sostenendo che se uno costruisce un solaio abusivo non si è certo reso colpevole di un crimine che possa macchiare la sua integrità morale (o penale).

La questione va affrontata invece dalla parte opposta: partendo cioè dai 25 condannati in via definitiva che siedono in Parlamento, (ora 24, finalmente depennato Previti, l’avvocato che regalò la Mondadori a Berlusconi comprando la sentenza del giudice Renato Squillante, eletto, deo gratia, nelle file di Forza Italia) i cui reati vanno da detenzione abusiva di armi ed esplosivi, alla bancarotta fraudolenta, dalla corruzione in appalti pubblici, la cara vecchia tangente, alla concussione mafiosa. Un gruppo di brave ed oneste persone insomma, che veglia su tutti noi. Il punto più basso e orribile poi, è la presenza degli onorevoli Ciancimino e Vito, entrambi Forza Italia, entrambi condannati per concussione mafiosa, nella Commissione parlamentare Antimafia (!!!!). È contro tutto questo fetido malcostume e malgoverno, il cui puzzo arriva ormai in ogni angolo d’Italia, che nascono la volontà e la necessità di fare pulizia in e del Parlamento, espressa nella proposta di legge del V-Day, e non certo in nome di una ideologica ed astratta “purezza”.

Il “popolo” di Beppe Grillo, che ovviamente non esiste in quanto tale, sono solo persone, fra le quali mi annovero appassionatamente, che si riconoscono nelle critiche del comico al potere marcio che attanaglia l’Italia, di cui non si vede né la fine né una via d’uscita. Cittadini e cittadine arresi all’evidenza di un’alternativa fra Unione e Cdl che è tale solo nei nomi. Una classe politica complementare e speculare, ospite fissa dei salotti tv di Vespa, protagonista di scalate bancarie, conoscenze mafiose, sorda ed ignorante verso le reali esigenze del paese. Antipolitica? Demagogia? Sarà. Difficile però darsi una spiegazione del perché il governo non ha ancora fatto una legge sul conflitto d’interessi, e non la farà mai. Non ha eliminato nessuna legge-vergogna del governo precedente, che così, democraticamente, da ad personam sono diventate ad personas. Arduo raccapezzarsi nel “sì” solidale di Forza Italia ai DS nelle votazioni alla Camera che impediscono al gip Clementina Forleo di utilizzare le intercettazioni relative al ruolo di D’Alema e Fassino nell’inchiesta sulla scalata-Bnl.

Viviamo in una palude stagnante e tendente alla rovina inquinata irreversibilmente da un losco e ricco Caimano, Italiopoli, dove i governanti arraffano spolpando ciò che resta con sempre maggior foga, spaventati dal ciclone montante che li potrebbe investire perché divisi, protetti da una miriade di auto blu corazzate - e di cui il V-Day è una potente avvisaglia - e dove i governati, un po’ impotenti e un po’ complici, vittime e autori dello sfascio del senso dello Stato e di un paradigma etico e civile in difesa della legalità, continuano a votarli.


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