FABIO ALESSANDRIA E LELLA COSTA PRESENTANO LE POESIA DI VANNA MIGNOLI

di Luca Cremonesi

È stato presentato a Mantova, in una storica libreria della città, il nuovo volume della poetessa mantovana Vanna Mignoli, già premio Biella (uno dei più importanti in ambito poetico) nel 1984 per il volume, opera prima, “Mi chiusero nel freddo”. Il testo è stato introdotto dalla lettura dell’attrice Lella Costa, amica e voce della Mignoli già in altri progetti. La Costa ha letto integralmente il nuovo volume, “Quartetto di cannucce” (Lieto Colle, euro 10), di cui ha scritto anche un’interessante e vissuta Prefazione, letta in finale di serata, e un cospicuo numero di componimenti dalla precedente raccolta “Di sillaba e di Rima” (Manni), di cui il presente volume è una continuazione. Il testo è stato presentato dal castiglionese Fabio Alessandria, scrittore e giornalista, che dell’opera della Mignoli è esperto conoscitore oltre ad essere amico personale dell’autrice, che ha dichiarato: “Per fortuna Vanna ha ragione, la poesia appartiene più a chi la legge che a chi la scrive, perché nel momento stesso che il poeta lascia una sua creatura in giro per il mondo ne perde il controllo e se ne dimentica. Il lettore, come dice anche Vanna nelle sue poesie, vede con i suoi occhi, che possono essere piccoli e miopi oppure grandissimi e con vista acutissima (e, in mezzo ci sta tutto il resto). Non che quanto vo’ dicendo non sia banale e verificabile, del resto noi impariamo prima le singole lettere, poi le parole facili e solo dopo un qualche anno sappiamo leggere bene e fare i dettati. Ecco la cosa stupenda della letteratura è proprio questa: come mi disse un maestro, una volta, essa è un sentiero di parole, una foresta disordinata, sta a noi costruirci una via, appoggiandoci a quanto sappiamo riconoscere, oppure perderci nelle sue mille viuzze e vicolini, tra loro sempre collegati in qualche modo”. Alessandria ha ben mostrato la potenza del pensiero poetico della Mignoli e a tal proposito ha sostenuto: “La sua voce non si tradisce. convincimenti che sono maturati negli anni: il modo di poetare, il modo di lavorare tutto artigiano, il gusto, l’atmosfera, questo a livello di primo impatto, poi, scendendo giù, chiaramente anche a livello di gestione del ritmo, dei giochi di sillaba e di rima, (“Scrivo versi brevi/ come il mio fiato-/ è sempre stato/ corto- non sono mai/ riuscita a correre/ a salire un pendio-/ io-//.”) di utilizzo della punteggiatura (parentesi tonde, cambio verso, punti di domanda e quelle meravigliose cesure fatte di trattini, quasi sempre nel mezzo o in fine verso tanto per ribadire il senso di elezione con Emily Dickinson, si prende una specie di respiro per precisare e arricchire di sfumature un concetto ho rubacchiata dall’interessante introduzione del critico Mario Artioli scritta per il precedente volume “Di Sillaba e di Rima”. La serata è stata caratterizzata da un lungo dibattito sostenuto da un buon ritmo e una freschezza di argomenti che hanno coinvolto e appassionato il folto pubblico accorso alla serata. La poesia di Vanna Mignoli, mi sia concessa una battuta finale da appassionato del suo poetare e da estimatore dello stile intellettuale dell’autrice, è veramente ricca di senso e potente nel suo accadere. Una sola pecca: è lenta ad accadere perchè l’autrice è ritrosa e pignola nello scrivere. Ma a ben vedere da qui nasce la potenza di questa poesia, espressione di quella lentezza, valore da portare nel nuovo millennio, come ebbe a scrivere Italo Calvino nelle sue “Lezioni Americane”.


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