NON SOLO BIANCO E NERO
LA FOTOGRAFIA A COLORI

di Eliseo Barbàra

Nel 1839 fu ufficiale, la fotografia era nata. Ma per anni continuarono, in più parti del mondo, le voci che proclamavano la paternità della nuova scoperta. Continuavano anche gli esperimenti tecnici per migliorare la fotografia e uno in particolare, richiesto dal pubblico ottocentesco, riusciva difficile da concretizzare: fissare i colori. Sia sulle lastre che sulle stampe su carta, i fotografi-artisti coloravano a mano le proprie immagini, un ritratto o un paesaggio erano tali se la somiglianza con i soggetti fosse evidente anche nei colori. Tante erano le fotografie dipinte con un pesante cattivo gusto, come notevole era il numero dei fotografi, spesso con l’aiuto di pittori, che riuscivano a velare di magia colorata le immagini. Un nome su tutti: Felice Beato, il quale apprese dalla tecnica decorativa giapponese l’equilibrio e la finezza nel colorare le stampe albuminate. Nel 1850 Levi Hill annunciò alla stampa americana di aver trovato il modo di fissare i colori e i testimoni presenti rimasero stupiti compreso Samuel Morse, quello dell’alfabeto. Con ansia si aspettò che Hill rivelasse il suo procedimento, ma il fotografo gelò tutti quando annunciò di farlo solo quando l’avrebbe ritenuto opportuno. Dopo anni di attese e pubbliche accuse Hill diede alle stampe un trattato confuso e autobiografico in cui nulla rivelava della tecnica. In aiuto dei fotografi arrivarono studi e teorie di fisici e ottici, come James C. Maxwell e il procedimento additivo (quello ancora usato dalle diapositive, per intenderci). Nel 1903 i fratelli Lumière, proprio loro, producono gli autochromes che altro non erano che lastre sulle quali erano stati stesi tre strati di granelli di fecola colorati sensibili ai colori primari. Una volta sviluppato, il negativo diventava positivo grazie a un procedimento invertivo. La mossa vincente è stata la teoria subtrattiva alla quale arrivarono con strade diverse due francesi, Louis Ducos du Hauron e Charles Cros, nel 1869. Non si conoscevano e non litigarono mai sulla paternità della scoperta, divennero perfino amici. Il passaggio più importante della fotografia a colori è stato il perfezionamento dei tre strati sottrattivi utilizzati sulla pellicola e, nel 193, inizia la produzione della pellicola 35mm a colori. Sono passati soltanto settanta anni da allora, ma il colore – in campo fotografico – non sempre ho goduto di ottima considerazione, il bianco e nero era diventato il suo acerrimo “nemico”. Il colore era accusato di volgarità e di assenza di artisticità. Nel 1976 fu ufficiale, la fotografia a colori era esplosa. Il MoMA di New York ospitava la mostra di William Eggleston che seppe raccontare il mondo contemporaneo interpretando il colore come mezzo creativo. Altri fotografi poi sono riusciti a valorizzare il colore come soggetto e materiale artistico, solo qualche nome: Stephen Shore, Joel Meyerowitz, Ernst Haas, Luigi Ghirri, Franco Fontana, Martin Parr, Peter Bialobrzescki, Walter Niedermay, etc… etc…. etc….


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