SCULTURE OPERE DI NICOLA BIONDANI

di Luca Cremonesi

Lo scultore mantovano Nicola Biondani ha pubblicato il suo primo catalogo personale che raccoglie i due importanti cicli di “Cappotti” e “Lottatori di Sumo”. I testi del catalogo sono a cura del sottoscritto, le fotografie del maestro Paolo Barbi e il progetto grafico di Nadia Lattanzi. Nicola Biondani nasce a Mantova il 14 novembre del 1976.
 Diplomatosi nel 1998 all’Istituto d’Arte di Guidizzolo (MN), prosegue gli studi artistici iscrivendosi alla scuola di scultura dell’Accademia Cignaroli di Verona dove si laurea nel 2002 con il punteggio di 110 con lode. Dal 2002 ad oggi ha partecipato a diversi concorsi d’arte. Di recente è iniziata la sua collaborazione con l’associazione “Noneart” di Bardolino (VR) e la “Galleria4” di Desenzano del Garda (BS). Negli ultimi anni hanno contribuito alla sua formazione artistica le esperienze di lavoro svolte presso alcune fonderie, tra cui la fonderia Bonvicini di Sommacampagna (VR) e la fonderia ArteBronzo di Villafranca (VR); i laboratori dell’Ente Lirico di Verona e lo studio di uno scultore modenese. Osservando i lavori di Biondani, le sue forme, il modo di gestire la materia e l’utilizzo che egli fa del bronzo si è portati a pensare che “L’arte contemporanea non è rivoluzionaria ma solo rivelatrice”. Rivelare è svelare, rendere noto ciò che è poco conosciuto e misterioso. Senza dubbio è il compito dell’Arte e le sculture di Biondani rispondono a quest’attesa. Rivelare contiene in sé anche la possibilità di ri-velare, di mettere cioè un altro velo a ciò che di suo è già nascosto e celato. Il senso, a differenza della verità, non ha bisogno di essere svelato continuamente. La scultura di Biondani scopre ri-velando nuovamente ciò che sta cercando. In questo modo si produce e si crea non solo il passato, ma anche il presente e il futuro perché si crea un senso che trascende il gesto e la volontà dell’autore. Privilegio dell’artista, potenza dell’Arte.

Come costruisci le tue opere?
“Di solito non progetto mai nulla. Sfoglio riviste, leggo libri, ma più in particolare passeggio per la città osservando attentamente i modi di camminare, di atteggiarsi, le espressioni dei volti, li memorizzo, corro nel mio studio e cerco di ricrearli o in qualche maniera di fare loro un ritratto più generale e intimo della loro persona e figura. Ma a volte le mie opere le immagino, e non avendo nessun riferimento fotografico, utilizzo la modella o mio padre”.

Come legge il mondo uno scultore?
“Penso come tutti gli altri; è forse il mondo a recepire diversamente un’artista o nel mio caso uno scultore, e per mondo intendo la società e le persone di ogni giorno. Ho spesso l’impressione di rimanere immobile e indifferente al mutare del mondo; sto cercando di ritagliarmi un mio spazio dove poter osservare, meditare e rielaborare quello che avverto della società per poi potere dialogare a mia volta con essa”. Il percorso di ricerca del nostro è evidente nel ciclo Sumo e nelle recenti figure Cappotti. Biondani lavora sull’affermazione del gesto e questo lo porta diretto alla potenza espressiva della domanda che sempre s’aggira, come uno spettro, nelle sue sculture. Fuor di metafora: Biondani si richiama a temi classici, rielabora figure religiose (con profonda attenzione e pulizia formale segno di rispetto e comprensione, e non di sottomissione), lavora sul corpo e sulle parti che lo compongono. Poco è lo spazio, sino ad ora, concesso all’astratto, se ci atteniamo a semplici categorie da manuale di Storia dell’Arte. Le figure di Biondani, dunque, creano un mondo, creano un senso senza dover ricorrere ad artifici retorici, ma cercando di ricorrere al materiale che abbiamo quotidianamente sotto gli occhi: la nostra forma, il nostro corpo.

Figura e astratto…. Grande dilemma e altrettanto problema artistico/etico contemporaneo, quale è la tua posizione?
“Ammetto la mia indifferenza per un certo tipo di astrazione che si trova alla base di vere e proprie mancanze tecniche e concettuali di chi percorre questo filone, ma troppi “artisti”hanno costruito castelli di sabbia giustificandosi semplicemente con un’attacco alla figurazione. Penso e ho sempre pensato, perché non può essere altrimenti, che per giungere all’astrazione e all’informale, sia necessario conoscere ABC dell’arte. L’Astrazione per tanto non può essere ritenuta alla base di un progetto di formazione artistica ma al contrario è da considerarsi una meta, un arrivo per completare una ricerca, che incomincia con lo studio della figura, ma in senso più ampio della natura, per arrivare in modo spontaneo alla rappresentazione astratta di essa: la Natura. Poi ammetto e riconosco il ruolo che hanno avuto i padri dell’astrazione, rompendo con i dogmi di creazione, ma il mercato ha fatto il resto”.


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