IL COLORE DI PIETRO CONSAGRA

di Fabrizio Migliorati

Torna a Verona dopo trent’anni l’opera di Pietro Consagra, e lo fa attraverso una bella retrospettiva alla Galleria dello Scudo con un appendice (monumentale) a Castelvecchio (visitabili entrambe fino al 30 marzo 2008). In galleria appaiono immediatamente i Ferri trasparenti, opere che rappresentano una distruzione della trimensionalità. Fiori ferrosi che si presentano come sculture non convenzionali che, allo stesso tempo, schivano le determinazioni di “pittura” o “scultura”. Posti su piedistalli, questi lavori sono sculture-sogliole, lavorate con una trama molto complicata che dichiara la loro volontà vitale: liberare il colore. Dai Ferri ai Piani appesi si espone un’evoluzione, dove la superficie è ridotta ancora di più verso le sole due dimensioni. Ma c’è sempre uno spiraglio: due sono i fogli di ferro costituenti l’opera , ma i due momenti non sono separati; superficie e fondo vengono insieme. Nella pulsione verso la forma non viene meno la volontà di presentare anche il luogo da dove proviene questa forma. Colpisce molto la sua insistenza sulla tipologia dei Piani: oro, celeste, bianco, nero, viola, lilla sono differenze ricavate all’interno del suo fare artistico che pungono continuamente la forza-forma per ricercare una giusta posizione nello spazio. Il colore diventa intrinseco alle sculture e vive in un continuo rapportarsi con lo spazio (e con la sua idea di spazio). È dal colore che proviene la forma: non vi è un’innocente pellicola pittorica di scarsa valenza, ma è proprio intingendo le mani nel caos coloristico che possiamo vedere l’elemento formale. I Piani provano anche a staccarsi dalle pareti, dalla fisicità fissa e sicura del muro, per sollevarsi in mezzo alla stanza, diventando così Piani sospesi (ma nulla di più distante dai mobiles di Alexander Calder). Chiudono l’esposizione le sue grandi pitture dove il rapporto oggetto-fondo viene approfondito con una (finalmente) liberatoria indifferenza statica. Spostandosi a Castelvecchio, nella galleria interna incontriamo Trama, un’ingombrante installazione che occupa tutta una sala e impedisce fisicamente il normale passaggio dei visitatori. Concepita per la Biennale del 1972, questo lavoro è costituito da sette elementi di legno variamente modulati, cinque dei quali dipinti a tempera. Lo spettatore deve “sbattere” fisicamente contro queste sculture, inciampare, porre attenzione ai suoi passi: deve cioè riflettere sul suo vagare spensierato. Costringendo il visitatore a deviare il suo percorso, l’opera ottiene su di sé un’attenzione che sarebbe rimasta frivola. Purtroppo la temporanea collocazione per la mostra non dà abbastanza respiro all’opera, le toglie il fiato che avrebbe dovuto togliere a noi. Ma è nel giardino che possiamo vedere veramente la monumentalità di Consagra. Due piccoli studi e un lavoro di dimensioni medie spariscono di fronte alle quattro magnifiche sculture posizionate sul prato. Muraglia o Bifrontale poco importa: sono i colori che sprigionano le forme sontuose.


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