SE C’E’ ANCORA UN LIBERO STATO…

di Luca Cremonesi

Il 12 giugno siamo chiamati alle urne per il referendum sulla procreazione assistita (Curiosità! Si deve risparmiare sulla spesa pubblica eppure andiamo a votare una seconda, non si poteva durante le lezioni regionali? Nel caso del referendum, e solo in questo, l’affluenza sarà veramente un problema). Non volevo scrivere, ma ho notato, in questi giorni, una cosa: la Chiesa si è mossa in massa (giornali, tv, cinema, conferenze varie in università, teatri, club ecc..) per spingere tutti a non votare o, tutt’al più, per convincere tutti a votare no. Sia chiaro: è legittimo che la Chiesa sostenga il no. Ogni comunità deve liberamente esprimere una preferenza e comunicarla ai suoi membri. Il problema – dal punto di vista dei diritti e dei doveri – è quando una comunità circoscritta (come in questo caso) invita, pubblicamente, tutti a non andare a votare. In altre parole, per questa comunità, tutti i cittadini non dovrebbero votare; diritto sul quel si fonda, tuttavia, lo stesso Stato moderno. Per sviscerare meglio il problema mi richiamo a tre scritti: due articoli, rispettivamente di Adriano Sofri e di Piero Sansonetti (che potete scaricare nell’area Download) e il volume Dibattito sul Laicismo (a cura di Eugenio Scalfari), uscito con La Repubblica. Sofri parla della legalità come fondamento di una nuova comunità (credo che il suo esempio, oggi, ci autorizzi quanto meno a prendere in considerazione le sue parole). Sansonetti, in polemica con Sofri, afferma la stessa cosa da un altro punto di vista. “La legalità non è un valore, ma una situazione. Legalità vuol dire rispetto delle leggi, le leggi non sono valori, sono regole”. “Se arriviamo a capire che la legalità non è un valore, e che il valore sta nel diritto, diamo una spinta in avanti alla discussione politica”. “Anche sulla legalità ad ogni costo si deve avere un atteggiamento laico”. “Le leggi buone si difendono, le leggi cattive si combattono, si cerca di cambiarle, e se si ritiene che sia necessario si violano”. Se la Chiesa invita caldamente a non votare perché ritiene quella proposta di legge sbagliata, lo può, anzi lo deve, fare. Ma questo è legittimo solo all’interno della sua comunità. Non può, dunque, in nessun modo parlare a nome di tutti e, ancor meno, contro i diritti del cittadino di uno Stato. La Chiesa è una delle comunità ospitate e tollerate in Italia (e in Europa….), la maggiore, senza dubbio, ma non rappresenta tutto il nostro paese. Incitare a non votare (e non mi riferisco solo alla Chiesa, ma anche a tutte le forze politiche) è antidemocratico e puzza di sovversione allo Stato (mi stupisce che la destra storica taccia su questo fatto che mina un suo caposaldo: l’onore alla patria tanto sbandierato in faccia all’islam sovversivo). Scalfari, nel testo citato, scrive: “I laici non hanno, per definizione, né papi né imperatori né re. Neppure vescovi. Hanno, come signore di se stessi, la propria coscienza. Il senso della propria responsabilità”. I laici, come i cristiani, sono un’altra comunità ospitata e tollerata in Italia. Hanno altri valori e la loro coscienza e la loro responsabilità li orienterà nel votare, ma anche loro non possono spingere per il non voto (e poi critichiamo l’Islam anti-democratico che incita, nelle moschea, a non votare governi e leggi occidentali). La responsabilità è un valore laico – e cristiano (si leggano, tra gli altri, Paolo o Bonhoeffer) – ma riguarda, questo sì, tutti i cittadini di uno Stato. Dobbiamo andare a votare, indipendentemente dalla comunità a cui apparteniamo, perché, prima di appartenervi, siamo cittadini di uno Stato (forse ancora) democratico. Ognuno, liberamente, voterà ciò che vuole e qui, ma solo qui, l’appartenenza ad una comunità si farà sentire nnnn Vorrei chiudere con le parole di un filosofo italiano del tutto dimenticato: Giuseppe Rensi. Ne La democrazia diretta, recentemente ristampato, sostiene: “L’unico governo possibile è quello in grado di prendere seriamente in considerazione, e rappresentare, la volontà popolare”. Nella società ci sono investimenti di desiderio che l’attraversano. Alcune comunità s’identificano con questi; altre hanno solo alcuni membri che incarnano questi desideri; altre ancora vi sono del tutto estranee. Il governo di uno Stato ha il dovere di non compiacere una sola comunità. Io singolo sceglierò liberamente una comunità se voglio sottostare alle sue regole. Uno Stato ha il compito (e il governo di Zapatero lo incarna alla perfezione) di valutare e ascoltare gli investimenti di desiderio che sono sempre trasversali alle varie comunità e costituiscono, nel loro insieme, la volontà popolare. In conclusione, votiamo (perché siamo “ancora” in democrazia), e pensiamo, mentre andiamo alle urne, in che tipo di comunità noi vorremmo vivere prima di tutto come cittadini: una comunità dove i pezzi di ricambio umani si possono usare, ma non si concede alle donne con problemi fisici di avere dei figli? Una comunità dove donne vedove e sole non possono neppure avere la gioia di un figlio? Una comunità, in altre parole, dove ancora una volta la donna e i suoi desideri devono essere messi in secondo piano?.

Votare vuol dire, prima di tutto, decidere e far sapere pubblicamente che tipo di comunità noi cittadini vogliamo.


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