I LIBRI DELLA CIVETTA

di Fabio Alessandria

VERSO CATULLO
di Gianfranco Maretti Tregiardini
e Vittorio Bustaffa
Editoriale Sometti,
12 euro (veramente ben spesi)

Amo Catullo, è l’unico poeta dell’antichità che mi sia risultato familiare durante le noiose traduzioni liceali. Catullo suonava amico agli orecchi del latinista inesperto. Preziosi, ed insieme pop, i suoi versi si facevano ricordare facilmente. Miscelati agli ellenismi, alle forme colte, arcaiche ed orientali stavano meravigliosi distici di purezza stilistica senza eguali ma facili, alla memoria e al cuore, come i ritornelli dei cantautori. Mi allineavo alla critica romantica che vedeva in Catullo un poeta nuovo dai carmi perfetti, brevi elegie che sapevano arrivare all’anima al contrario dei pedanti e stanchi poemi civili di una Repubblica Romana oramai in ginocchio. Capostipite di nuova generazione che mal sopportava la retorica, l’insostenibile carico di bugie di un mondo ormai marcio, e si ritirava in una sfera privata dedita al culto della bellezza e dell’idealità di una nuova poetica dello svago. Tutto ciò mi risultava dannatamente affascinante. Pur avendo scoperto, anni dopo, che questa immagine adolescenziale di Catullo e dei neoteroi come dei Rimbaud e maledetti ante litteram era una considerazione forzata ed antistorica, riuscivo ad appassionarmene e a restare folgorato dalla vicinanza che quei carmi avevano rispetto al continuo tumulto della giovinezza. In ogni adolescente innamorato ed insicuro c’è un po’ di quel miser catulle che apre, a mo’ d’invocazione, una sua famosa poesia. Ogni ragazzetto pruriginoso ricerca quella musa, mai come in questo caso avvertita, anche dal lettore, soprattutto come una persona in carne ed ossa, che è la Lesbia catulliana. Una figura reale, appassionata e, a tratti, crudele. Nel “libello”, nel corso delle pagine, seguivo col cuore in mano questo rapporto d’amore (ma anche di stima reciproca, la fides latina…) disgregarsi e riprendersi, andare e venire come un’onda in maniera così viva e appassionante da far male. Le nuove traduzioni di “Verso Catullo” di Gianfranco Maretti Tregiardini, edite dall’editoriale Sometti, hanno risvegliato un fuoco mai del tutto spento. Versioni eleganti e segnate da un rispetto immenso per il poeta e il (fondato) timore di tradirlo eccessivamente, troppo ammodernandolo; scelta, in fine, condivisibile. Il taglio dell’opera è tutto rivolto verso i carmi colti e amorosi del veronese, lasciando da parte, quindi, le invettive ai limiti (provate a leggerle e resterete sorpresi…) della volgarità rivolte ai suoi contemporanei come ultimo segno di partecipazione alla cosa pubblica. Una scelta precisa da parte del traduttore. Una scelta che premia l’emozione ed il sentimento immortale. Il libro è arricchito dai disegni di Vittorio Bustaffa che dà una sua delicata idea visiva di Lesbia e del genio di Verona. Perché amare Catullo a duemila anni di distanza? Perché nessuno ha ancora descritto come ci si sente in certe giornate meglio di quanto abbia fatto lui nel suo distico più famoso: (La) “Odio e Amo. Mi chiedi forse come./ Non so, ma è questo che provo dentro, io, tormentosamente//” Certe cose non potranno mai passare di moda.


Commenti »

Ancora nessun commento

feed RSS per i commenti a questo articolo.

Lascia un commento


Attenzione: i commenti compariranno sul sito previa approvazione del moderatore

Righe e paragrafi vanno a capo automaticamente, l’indirizzo e-mail non viene mostrato, HTML è permesso: <a href="" title="" rel=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <code> <em> <i> <strike> <strong>