GIOVANNI PEGORARO A MEDOLE

di Melissa Melpignano

Ciò che immediatamente colpisce l’occhio osservando le tele della personale Geranio…Polveriera di Giovanni Pegoraro esposte presso la Torre Civica di Medole (circa una trentina quelle create nel 2005), è il binomio fissità–movimento, sia nel figurativo sia nell’astratto. L’immobilità della tela, l’attimo sospeso di un’espressione ritratta, la perfezione del tratto geometrico, l’irripetibilità delle tonalità cromatiche–colori che si sovrappongono creando nuovi toni, linee che creano spazi inaspettati, le parole che pronunciano gli uomini e le donne grazie ai tratti della matita, forme proiettate oltre il confine di una cornice o il perimetro del tutto arbitrario di una tela. Se il coinvolgimento dato dal contrasto è una sensazione che parte quasi inconsciamente nell’osservazione delle opere dell’artista mantovano (ed esaltata dal titolo della mostra), il colore, la sua simbiosi con la forma, l’organizzazione delle composizioni astratte creano una bellezza semplice e luminosa. Una dimensione estetica da porre senz’altro in primo piano e da non trascurare nel considerare l’efficacia dei lavori di Pegoraro. Perché mai sminuire i contenuti estetici di un’opera, come certi critici d’arte tentano di fare, focalizzando su aspetti tecnici che succedono alla purezza della sensazione di impatto? Ovviamente quando il lavoro di un’artista palesa una ricerca che precede l’atto artigianale della creazione di un’opera, questa può perpetuarsi nella riflessione del suo osservatore. Ciò accade con i lavori di Pegoraro, in particolare con quelli realizzati nell’anno in corso; i titoli dati alle tele rimandano a due tematiche principali: il suono e la memoria. Fare arte del suono, posare il suono su tela, oltre che essere un atto ambizioso, equivale a produrre un inno del movimento. Paesaggi sonori si espandono tra le variazioni delle più diverse nuance, senza evocare gridi o tonfi. Allo stesso tempo l’incontro dei diversi materiali che si uniscono sembra generare onde che poi si propagano nelle forme e nelle geometrie, producendo gradi di intensità leggibili nei contrasti o negli accostamenti cromatici. Può essere musica, rumore, voce… Chi guarda la tela è un osservatore che sente, o meglio, che ascolta. Parlando dell’opera astratta di Pegoraro si è sentito spesso insistere sui concetti di forma e di linea, cui il pittore ha dato volume tramite l’indagine sulla memoria. Pensando ad alcuni esercizi di mnemotecnica in uso nel primo Rinascimento, si possono immaginare le linee che tagliano la tela come pareti che segnano scompartimenti in cui riporre sensazioni, colori, suoni, per fissarne la particolare irripetibilità. In un’epoca in cui la memoria è quella virtuale dei computer, senza confini individuabili, ecco che essa recupera tramite la pittura una più rassicurante dimensione fisica e umana. Ancora sorprendente è l’eclettismo tecnico di Pegoraro: che usi la foglia d’oro per creare singolari atmosfere cromatiche, o l’encausto, o la matita, in ogni tratto, anche in quello che può apparire a prima vista più sterile nella sua geometria, vi è una forte fisicità, riscontrabile assai facilmente nei ritratti. Questi ultimi, così genuini e diretti, paiono vivi e ‘fatti di carne’: non solo i giochi di luce creano la tridimensione sul foglio ma la vivacità/vitalità dei volti (indipendentemente dallo stato d’animo che esprimono) porta i personaggi al di fuori dello stato di “oggetto d’arte” e li restituisce alla dimensione dell’osservatore.L’arte di Pegoraro è dunque un mondo ricco di ricerca, bellezza, contrasti, sensazioni; un mondo che tende “verso”… Verso nuove possibili ricerche e che si espande come si espande il suono.

Medole, Torre Civica
Geranio…Polveriera
di Giovanni Pegoraro
dal 24 settembre al 23 ottobre


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