I LIBRI DELLA CIVETTA

di Melissa Melpignano


Gesti d’aria e di pietra.
Corpo, parola, soffio, immagine

Georges Didi-Huberman
Diabasis
euro 11,50

Cavità per il respiro: aperture dall’ultimo Didi-Huberman
Poesia è accentuare, dare densità, riempire di aria uno spazio apparentemente vuoto ma in realtà fatto di respiro. Questa è una delle idee del poetico “Gesti d’aria e di pietra. Corpo, parola, soffio, immagine” del filosofo francese Georges Didi-Huberman, edito da Diabasis. È un testo agile, semplice nella scrittura, divertente per i continui rimandi ai lavori di altri filosofi – da Deleuze a Benjamin – e di personalità della letteratura – da Proust a Celan, con cui Didi-Huberman dialoga e si confronta al di là del tempo. Intenso è il dialogo ricco di immaginazione e ricerca con Pierre Fédida, l’amico psicanalista e filosofo, scomparso nel 2002, che compì fondamentali studi sul rapporto tra arte e psicanalisi e in particolare sull’aria come elemento di movimento dell’inconscio. “Gesti d’aria e di pietra”, oltre a confermare la necessità delle diverse discipline di dialogare fra loro, dimostra innanzitutto due cose: lo strutturale rigore e la straordinaria apertura cui vuole tendere la psicanalisi e il fondamento filosofico-scientifico delle scienze mediche che indagano la psiche, scienze troppo idiotizzate, declassate a pour parler, dai magazine e dalla televisione che propone lo psicologo che non sa dire altro che l’adolescente è in crisi e lo psichiatra che scalda le poltroncine dei “salotti” tv pomeridiani. Ma questo testo, da leggere per chi si occupa appunto di psicanalisi, così come di letteratura, danza, teatro, musica, arti visive, è un saggio di filosofia, che ribadisce la necessità di porre il corpo al centro del dibattito odierno, anche perché, come afferma l’autore, sono le cavità del corpo ove passa il respiro il mezzo di contatto con la grande “cavità del mondo”. Didi-Huberman si sofferma con grande attenzione sul respiro, sul souffler, elemento essenziale nel movimento – chiunque faccia un’attività motoria o sportiva avrà presente l’insegnante che esorta a “respirare”, perché non basta inalare ed espirare in modo automatico naturale, bisogna piuttosto ascoltare e guidare il respiro –. Infatti è l’aria il tema conduttore di questo viaggio che si compie per brevi tappe/paragrafi tra immagini, odori, respiri, voci, danze (parole chiavi del testo) e che si conclude con un discorso che segue quello sulla pietra e sulla gravità, ossia la maternità – come nell’ultimo Busi; forse questa coincidenza della letteratura sta ad indicare la necessità, se non l’urgenza, di ripensare l’idea di genealogia, di riproduzione, in campo etico, medico e artistico. Dopo gli studi filosofici degli ultimi tempi sul concetto di “negativo”, Didi-Huberman propone inoltre uno studio sull’assenza. Essa implica la necessità di catturare ciò che manca e di darvi forma (non è forse questo l’obiettivo di ogni artista?). In realtà è un’operazione comune a chiunque nel momento in cui si soffre per un lutto: si dà forma di reliquia al morto, in modo che esso rimanga sospeso nel tempo, con il fiato sospeso, immagine che il danzatore rievoca in ogni suo gesto, come precisa Didi-Huberman nel suo ultimo libro Le danseur des solitudes pubblicato da Les Éditions de Minuit: […] danser: faire de son corps une forme déduite, fût-elle immobile, de forces multiples.


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