IL DOLCE RESPIRO DEL GRANDE FIUME

di Giovanni Caiola / underdog1982@libero.it

Storie di fiume è il titolo del quarto e nuovo disco pubblicato – rispettando puntualmente la cadenza biennale che il chitarrista sembra aver dato al progetto – dal Gramelot Ensemble di Simone Guiducci. All’incirca due anni fa per il bellissimo Dancin’ Roots avevo speso parole ammirate e in cuor mio credevo pure che quello sarebbe rimasto il vertice della produzione artistica dell’Ensemble. Ascoltando Storie di fiume mi son dovuto ricredere! Una prova maestosa di tutti i musicisti all’opera (per la prima volta non sono presenti ospiti esterni) permette difatti all’album di raggiungere momenti d’estasi indicibile. In quarantadue minuti che trasudano passione, amore e sapienza scorrono cinque brani jazz che, con sconfinata grazia, passeggiano nella tradizione folklorica dell’Italia del nord: al cuore di ognuno sta il Po – “il grande fiume che taglia a metà la pianura” – con i tanti suoi affluenti o, per meglio dire, stanno la cultura e gli usi e i dialetti che nascono attorno ed attraverso quel grande corso d’acqua. Così la musica risulta in qualche strano ma sublime modo in equilibrio fra la dolcezza dell’acqua (la chitarra morbida e pacata del leader), la concretezza della terra (l’incessante e trascinante ritmicità sprigionata da Salvatore Maiore al basso e da Roberto Dani alla batteria e alle percussioni) e l’aperta maestosità del cielo (letteralmente devastanti le evoluzioni di Achille Succi al clarinetto e Fausto Beccalossi alla fisarmonica). Già la copertina del cd trasporta in un lontano mondo al contempo fiabesco e reale, ma è con l’ascolto della musica – registrata in maniera impeccabile nello studio ArteSuono di Cavalicco (Udine) – che si viene avvolti da una sinuosa e magica atmosfera: l’inaugurale e luminosa Uomini di fiume ammannisce succose promesse che il prosieguo del disco mantiene ampiamente, la segue la saltellante La leggenda della vecia sproc magistralmente condotta per mano da fisarmonica e clarinetto, Prima della pioggia sprigiona come da titolo emozionanti sensazioni d’attesa ed incanto, in Confluenze grande protagonista è ancora la fisarmonica di Beccalossi che riesce ad evocare ricordi che non si credeva di avere, infine Invocazione chiude l’album su toni sognanti e rilassati. Disco da ascoltare in una sera di primavera mentre dalle finestre aperte irrompe dolce il profumo della vita che rinasce oppure, per scaldarsi al fuoco dell’emozione, in una notte invernale nella quale il ghiaccio taglia la pelle ed il respiro. Un autentico gioiello che mi permetto di consigliare a chiunque (da una parte infatti l’eventuale non conoscenza delle tradizioni ispiratrici di questa musica non ne impedisce certo l’apprezzamento, e dall’altra anche chi non avesse mai particolarmente amato il jazz potrebbe rimanere piacevolmente sorpreso dai cinque ondeggianti pezzi qui proposti), nonché l’album migliore sinora prodotto dall’Ensemble. Confido vivamente in una futura (2008?) e secca smentita.


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