LA PASSIONE PER L’ARTE: INCONTRO CON GIOVANNI MAGNANI

di Fabrizio Migliorati

Questo mese abbiamo incontrato Giovanni Magnani, presidente della Pro Loco di Medole e responsabile della Civica Raccolta d’arte, conservata nella locale Torre Civica.
Come è nata l’idea di creare una raccolta di questo genere?
L’idea è nata negli anni Settanta grazie all’iniziativa di un ristretto gruppo di amici uniti sotto l’egida della Pro Loco nella comune passione per l’arte e per la cultura locale. Le testimonianze romane, la pieve romanica e i meravigliosi affreschi contenuti in essa, la celeberrima pala del Tiziano Cristo risorto che appare alla madre, il gruppo statuario del Modanino conservati entrambi nella chiesa parrocchiale, gli artisti di fine Ottocento e inizio Novecento con la grande stagione del Chiarismo: è in questa particolare stratificazione artistica e, per esteso, culturale che siamo cresciuti, ed è questo l’humus vitale che ci ha permesso di coltivare la nostra passione che ha visto come risultato finale, la creazione di questa raccolta.

Vi siete ispirati a qualche modello?
Si, all’inizio il modello era quello del Premio Suzzara, concepito da Dino Villani e Cesare Zavattini che vide la luce nel 1948. Nato appena dopo la guerra, si incentrò sul tema del “Lavoro e lavoratori nell’arte”. Fummo colpiti dall’originalità e dalla ricchezza di quel premio. E un punto mi sta molto a cuore: con il susseguirsi degli anni, il Premio acquisì una notevole dimensione e si decise di porre mano al restauro delle architetture in base all’arricchimento della collezione. Il contenuto influenzò il contenitore.

Ci parli più approfonditamente della raccolta.
La raccolta consta in quasi un centinaio di opere, distribuite nelle tre sale ad essa adibite. Campeggiano opere di Vindizio Nodali Pesenti, Carlo Zanfrognini, Alfonso Monfardini, Giulio Perina, Paride Falchi, Alessandro Dal Prato, Aldo Rossi, Gianpietro Moretti, Mimì Buzzacchi Quilici e Nene Nodari solo per citarne alcuni. Le opere sono confluite qui grazie alle donazioni degli artisti stessi, oppure grazie alla magnanimità di privati o all’acquisto da parte dell’Amministrazione Comunale. Nel corso del 1995 si è voluto “istituzionalizzare” questo patrimonio e l’associazione volontaristica della Pro Loco ne ha fatto dono al comune. In seguito è divenuta parte del demanio comunale e regolamentata da un particolare ordinamento che verte su tre punti basilari: conservazione delle opere, incremento delle stesse e ospitalità in luoghi idonei.

La Civica Raccolta ha attinto la propria linfa vitale anche da una lunga e gloriosa attività espositiva.
Certamente. Nei 35 anni che hanno visto la Pro Loco in primo piano nella promozione culturale locale, sono stati realizzati centinaia di eventi, tra mostre, incontri e presentazioni di libri. La raccolta ha trovato asilo nei locali del Municipio e in seguito a Palazzo Minelli per poi approdare nell’odierna collocazione nella Torre Civica, dove si tengono anche mostre temporanee.

A quali mostre si sente più legato?
È impossibile dirlo. Ogni mostra ha rappresentato un momento veramente importante: si dialoga con l’artista, si crea un’amicizia, si confrontano le idee sull’arte. Non è routine ma è vera e propria creazione. La mostra nasce dall’interno, come una creatura cresce pian piano e, allo stesso tempo, fa crescere anche tutte le varie anime partecipanti. Nel corso degli anni abbiamo sempre cercato tre cose: la grande qualità, testimoniata sia dai grandi nomi che dagli allestimenti; il collegamento con il territorio, necessario per fare delle mostre significative, che nascano dalla comunità circostante e che trovino il loro motivo d’essere in quel territorio (in questo modo la Torre diviene espressione di una particolare facies del luogo e non contenitore di qualcos’altro); ed, infine, esposizioni sentite, palpitanti, emozionanti. Tutto ciò non avverrebbe se non ci fosse il contatto diretto con gli artisti.

Cito solo le ultime esposizioni che hanno avuto sede in questi luoghi: le personali di Giovanni Pegoraro, Enos Rizzi, Paolo Conti, Gianni Baldo e quella di Riccardo e Raffaele Darra. Ma scorrendo la collezione di cataloghi dell’ingresso come non ricordare quelle di Aldo Rossi, Mario Porta, Guglielmo Cirani, Giancarlo Cigala, Giuseppe Brigosi, Mimì Quilici Buzzacchi.
Esporre a Medole è oramai diventato importante anche per artisti di alto livello e già affermati. È una tappa prestigiosa nel curriculum di ogni artista.

È assai raro trovare, nelle nostre zone, una così alta sensibilità culturale. Mi sono sempre stupito di come una piccola realtà come Medole svilisse, e giustamente, città ben più importanti e ricche. Questa raccolta dichiara sì la passione di un gruppo di amici, ma anche una vitalità ipodermica ben presente. La raccolta, e le relative mostre, diventano così l’anima artistica contemporanea del paese.
Si è quella che mancava. Abbiamo parlato prima della stratificazione storica del paese. Il passato è importante ma non dobbiamo fermarci lì. Bisogna guardare sia al presente sia al futuro. Il nostro compito è quello di gettare uno sguardo sulla realtà che ci circonda.

Dalle sue parole emerge una peculiarità rara: la passione quasi indomita che lei nutre per l’arte.
Ci vuole una grande dote di sentimento per andare avanti. L’amore per il mio paese, per la sua storia, per la sua gente sono il nutrimento che permette di continuare su questa strada. Per fare questa attività non ci si può improvvisare da un giorno all’altro, ma bisogna avere passione e competenza, quotidianamente coltivate. Il mio amore per questo mondo è anche rafforzato da una mia passata attività di artista. Ho frequentato la scuola d’arte di Guidizzolo fondata da Alessandro Dal Prato. Dipingevo e non solo: mi interessavano molto anche le installazioni.

La sua scelta di lasciare la pittura per divenire promotore sembra essere in linea con i dettami dell’epoca: l’aut-aut che ha influenzato l’arte negli anni ’60-’70, “o artisti o critici”. Un nome su tutti: Gillo Dorfles.
Non scomoderei il nome di Gillo Dorfles, nume tutelare di tutti gli addetti ai lavori, ma ammetto che vi sono delle concordanze. Anch’io, per motivi personali e quindi unicamente miei, ho scelto di abbandonare l’arte come fare artistico per dedicarmi ad essa come promozione.

Progetti futuri.
Impegnarsi per la valorizzazione di figure che fanno fatica ad emergere attraverso i canali canonici del sistema artistico.

Il suo sogno.
Purtroppo i locali della Torre Civica sono esigui e le opere sono sacrificate, sembrano soffocare. Non hanno lo spazio vitale loro necessario. L’allestimento cerca di rispettare l’identità di ogni singola opera, ma sarebbero necessari nuovi spazi. Il mio sogno sarebbe quello di vedere Palazzo Ceni come prossima sede della Civica Raccolta. Ampi spazi per una raccolta di tutto rispetto.


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