FOTOGRAFIA VOLTARTE

di Eliseo Barbàra

L’edizione 2007 di VoltArte, aperta ad alcune e diverse esperienze artistiche, ha aperto i battenti con una mostra fotografica, seguiranno esposizioni di pittura, video art, scultura/installazione e comics. Il filo rosso è l’Immaginario. Un tema ampio, inafferrabile, affascinante quanto oscuro e pericoloso. L’anarchica scelta d’azione messa a disposizione degli autori rischia di disorientare ulteriormente il visitatore che, in balia di se stesso, si sente in obbligo di cogliere insieme sia le diversità di senso e ricerca di ogni opera sia i punti d’incontro che legano gli autori presentati in questa collettiva. Di sicuro la mostra si pone, in sintonia con il tema scelto, come “opera aperta”, decisamente aperta alle codificazioni dell’osservatore lasciando quest’ultimo da una parte non-passivo, stimolato, attento e dall’altra, invece, aleggiano disorientamento e perplessità. Non credo personalmente che una mostra debba prendere lo spettatore per mano, stringendogliela con forza, ma occorre almeno un impercettibile senso di accompagnamento, velato e non sempre esplicito, che i curatori – insieme agli artisti – dovrebbero donare ai visitatori. Tra la Casa del Giardiniere e la Limonaia di Palazzo Gonzaga ci sono delle “belle e buone” fotografie, come anche nelle sedi varie di Volta Mantovana che ospitano gli eventi di VoltArte (biblioteca, Giardino delle Scuderie, L’Officina, Latte&Rhum, Caffè La Valle, Gelateria K2 e Pasticceria L’Aurora). Belle per certi criteri estetici e compositivi; buone perché chi guarda entra, immediatamente o meno - non importa, in simpatia/antipatia oltre che con l’oggetto rappresentato anche con l’occhio dell’autore. È il caso delle ricerche di Maicol Bondavalli, un esempio è la fotocomposizione esposta nel bagno dell’Officina; una sequenza tra cinema alla Tarantino e certo linguaggio pubblicitario ambientato nel luogo più intimo e più pubblico: lo stesso bagno del locale. Angoscianti e avvolgenti le “stanze” e i “paesaggi” del giovane scenografo Paolo Cavinato che, mi auguro, sia a sua volta rimasto avvolto e angosciato dalle stanze stupende che Palazzo Gonzaga nasconde. Anche i reportage possono entrare nelle dimensioni dell’immaginario sia urbano che naturalistico, sia collettivo che privato. Ed ecco la Cuba di Luca Castagna, i paesaggi a noi così vicini ma così lontani dal saperli valorizzare ripresi dalla maestria di Giorgio Mutti oppure la poeticità delle piccole cose e dei grandi panorami delle Colline Moreniche catturata da Giovanni Grassi. E poi erotismo, seduzione e il gioco del sesso che escono fisicamente dalle “creazioni fotopittoriche” di Patrizia Castracani con tanto di lingerie strappata e attorcigliata a tele impressionate con immagini dal tono voyeuristico. Infine, la sospensione del tempo e la delicatezza dello sguardo di Alessandro Maghella, come i suoi posati di una donna con una maschera veneziana, lasciano nel mistero, nell’ambiguo e in un “privato” immaginario.


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