“..BELLA PLUS QUAM CIVILIA..”

di Enrico Cauzzi

A pochi anni di distanza le ragioni che scatenarono il massacro jugoslavo appaiono complesse e molteplici: l’atavico odio etnico, le separazioni ideologico-religiose, i furori nazionalistici, le disparità socioeconomiche sono ragioni necessarie ma non sufficienti. La generazione che aveva partecipato alla resistenza antifascista e antinazista, unico elemento d’amalgama dei popoli jugoslavi, era scomparsa dalla scena politica. Il pericolo sovietico, che aveva unito gli slavi del Sud, venne meno con l’avvento di Gorbaciov. Alla morte di Tito si denudarono le coordinate storico-geografiche della Jugoslavia: i Balcani sono da tempo immemorabile epicentro di scontri e frontiera di imperi e religioni. Alla luce di queste considerazioni sarebbe facile ridurre le cause del maggior massacro del secolo scorso (se si escludono le due guerre mondiali) al riaffiorar d’antichi rancori radicati nelle fibre della storia. Come spiegare dunque gli oltre 30 mila serbi che, a Sarajevo, dividendo la fame, con musulmani e croati resistettero alle bombe lanciate dalle montagne dai loro connazionali? Il giornalista Paolo Rumiz in un reportage scrive: “E’ il giugno del 91: ovunque si combatte in Slovenia, ma non a Vukovar. È un’isola miracolosa di convivenza. Un giorno in casa di Rado si presentano due figuri, mai visti prima, con l’accento delle montagne. Molla tutto e prendi il fucile contro i croati, gli dicono. Lui rifiuta, non vuole sparare sugli amici. I due lo minacciano e gli impongono una tassa di guerra in cambio dell’esenzione dal reclutamento. Dopo tre mesi Rado non paga più, non ha più soldi. Chiede tempo, ma una notte gli fanno saltare in aria un’ala della casa con dentro il figlio maggiore, che muore. Rado scappa con l’altro figlio e la moglie ferita. Subito la casa è requisita vi vanno ad abitare altri serbi, quelli patriottici”. La morte di Tito ha portato lo statalismo policentrico della Jugoslavia a una guerra fratricida e terribile accesa da furori nazionalistici ed interessi economici, prima ancora che da divisioni etniche e religiose. A differenza delle cause, spesso celate dai foschi meccanismi del potere, gli effetti di questa guerra sono inequivocabili e opprimono ancora oggi l’ex Jugoslavia: la qualità della vita e dell’ambiente è crollata registrando una crescita esponenziale di tumori e leucemia soprattutto fra i bambini, le bombe all’uranio impoverito (U-238 le ricordate?) condannano la Serbia ad un livello inverosimile di contaminazione dell’acqua , dell’aria e del suolo, i desaparesidos sono oltre 20000 (15000 solo in Bosnia), il costo della vita è pari al nostro mentre gli stipendi superano difficilmente i 200 euro mensili. La sanità pubblica a buoni livelli fino al 1990 è praticamente inesistente, sono state infatti avviate forme private di assistenza sanitaria con costi insostenibili per la maggioranza della popolazione. La guerra in Serbia, Montenegro e Bosnia non è ancora finita, ora si lotta per la sopravvivenza. L’associazione Zastava Brescia per la solidarietà internazionale-onlus offre la possibilità di adottare a distanza bambini nella città di Kragujevac in Serbia.
Per informazioni: www.zastavabrescia.cjb.net - zastavabrescia@libero.it


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