VIVI MARSIGLIA E POI MUORI:
Jean-Claude Izzo

di Paolo Capelletti & Giovanni Caiola

«Il noir, checché ne dicano alcuni critici di settore, non ha nulla a che vedere con l’hard-boiled school, la “scuola dei duri” americani formatasi intorno alla rivista Black Mask; in una parola il noir non ha nulla a che vedere con il poliziesco d’azione dei vari Hammett e Chandler (mentre in nuce traspare nei romanzi di James Cain, non a caso autore più amato dalla cultura europea, Visconti in testa). Il noir autentico è un romanzo psicologico intorno alla figura di una vittima, la scrittura del noir è sempre dal punto di vista della vittima, che si racconta o si fa raccontare nella propria discesa (o precipizio che dir si voglia) verso un punto di non ritorno». Parole sante scritte da Luigi Bernardi – nell’introduzione al fondamentale La vita è uno schifo di Leo Malet – e da condividere quasi in toto, essendo doveroso aggiungere agli scrittori noir di origine statunitense anche Jim Thompson. Tralasciando però le precisazioni, la polpa del discorso è chiara: se siete alla ricerca di storie che hanno per protagonisti investigatori dalla pistola facile e dalla coscienza impenetrabile, spiacenti ma i libri noir non fanno per voi! Se invece vi interessano le storie di qualche tizio che guardandosi attorno trova che il mondo sia sì bellissimo ma anche tanto malato e decida così di tentare di porvi un inutile (badate bene: inutile) rimedio, allora fiondatevi in libreria e comprate subito un buon romanzo noir! Volete un consiglio? Partite dalla trilogia scritta da Jean-Claude Izzo.
Nato nel 1945 a Marsiglia, Izzo non può certo esser definito un enfant prodige avendo cominciato a scrivere romanzi e racconti all’incirca verso il mezzo secolo d’età, dopo una vita spesa fra le più svariate occupazioni tra le quali anche quella di giornalista (curioso che anche un altro grandissimo autore marsigliese di noir, René Fregni, abbia dato avvio piuttosto tardi alla propria carriera letteraria e anche lui dopo una innumerabile serie di lavori). Quando però è apparso alla ribalta con Casino totale ci si è potuti subito rendere conto che non trattavasi certo di uno sprovveduto, anzi si era di fronte ad un uomo capace di maneggiare con insolita cura la solo in apparenza semplice (quando invece abbisogna di capacità e costanza fuori del comune) tecnica del noir. E proprio quello è il romanzo inaugurale della trilogia cui s’accennava più sopra: lo seguiranno negli anni successivi – Casino totale è del 1995, gli altri rispettivamente del ’96 e del ’98 – Chourmo e Solea. Protagonista delle vicende narrate è Fabio Montale, sbirro italo-francese che, contrariamente a quello che i suoi capi vorrebbero da lui, tende a pensare troppo prima di sparare. Questo “caratteraccio” lo porta sì a lasciare la polizia ma, nel contempo, lo spinge anche a tentare di mettere ordine nella sua vita e nella sua città: perché in fondo Marsiglia, con le sue mille anime e culture, con le sue insanabili contraddizioni e i suoi colori, odori e sapori, è la sua vita. La sua vita spesa tra le vie delle cités, che ormai conosce a memoria, tra un pastis e una partita a ramino, tra un ricco piatto di pesce fresco e un disco di Coltrane. Piccoli piaceri irrinunciabili, ai quali ha imparato a dare importanza fin da giovane, con gli amici d’infanzia Ugo e Manu, quando ha pure imparato che il mondo del crimine è troppo forte, invade tutto, anche i sogni più innocenti e davanti a questo orrore non puoi fare altro che fermarti. Rovinosamente. E se non hai un rifugio, dove toglierti di dosso l’odore di morte, sei perduto. Come si sente perduto Fabio, davanti al cadavere di un giovane assassinato, o davanti ad una giovane donna violentata ed uccisa, quando il suo grido si alza tutto insieme, pieno di senso di colpa per non aver evitato l’inevitabile, ed è il grido di tutte le ingiustizie che lo assale e lo schiaccia, e non può sopportarlo perché è solo un uomo. Fabio Montale il suo rifugio lo trova nel mare. Sente il bisogno di vederlo il più a lungo possibile mentre si muove per Marsiglia e, quando non ne può più, e nemmeno in fondo ad una bottiglia di Lagavulin trova una via di fuga, porta al largo la sua barca e resta lì, a pescare per tutta la notte, con la sola compagnia delle onde e dei ricordi, che lo aggrediscono come un pugile sul ring, di chi c’era ed è stato trascinato via dal mondo per scelta di qualcun altro. Il mare concede il suo sollievo alle ferite dell’anima e Marsiglia, che dal mare è sorta, dopo essere stata l’immagine della morte ritorna vitale àncora di salvezza. La trama dei libri si rivela allora, per Izzo, nient’altro che un pretesto per parlare di altro, di ciò che veramente lo interessa: dell’amore e di Marsiglia. Dell’amore che non può che essere ardente e disperato in questa bruciante ma disperata parte di mondo, l’amore che è un miracolo costantemente atteso, sempre dietro l’angolo o in attesa al bancone di un bar, ma l’amore che è già costantemente in fuga da braccia troppo strette o da un passato troppo ingombrante o, semplicemente, da se stesso. E di Marsiglia, città che sembra svelarsi al lettore una riga per volta, tanto lo scrittore la descrive in maniera commovente, dando la sensazione di volerla abbracciare ed accarezzare ad ogni istante; malgrado questo però non riesce e non vuole voltare la faccia davanti all’orrenda maschera di violenza che ossessivamente ricopre sentimenti e luoghi. Il ritmo della narrazione è sempre sostenuto allo spasimo, anche le pregevoli ed acute riflessioni del protagonista non riescono a spezzare una tensione che vertiginosamente monta sino a troncare il fiato. Pagina dopo pagina, con lo svelarsi della profondità del male che pervade la vicenda, non si può però non avvertire anche un contrastante e crescente desiderio di vitalità, di pienezza di sensazioni, l’urgenza di sentirsi battere il cuore. Tutto concorre a creare quest’atmosfera calda eppure agghiacciante, e più del resto lo fanno i pochi personaggi di contorno positivi (alcuni indimenticabili: chi non vorrebbe conoscere Lole, la donna che durante l’amore profuma di menta e basilico?) e i tanti personaggi viceversa negativi (ma questo lo può affermare solo chi decide di stare dalla parte di Fabio). Un mondo, quello di Izzo, nel quale i sentimenti si vivono a fior di pelle, un mondo che mai potrà esser dimenticato da chi lo ha conosciuto attraverso la lettura dei suoi libri. Un mondo che mai potrà morire (all’editoria piacendo…), contrariamente al suo autore portatoci via da un tumore nel 2000. Troppo presto.


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