MEDOLE - FAUSTO DE STEFANI

di Erica Vivaldini

Coinvolgente e travolgente. Ecco due definizioni che possono immortalare l’incontro con Fausto De Stefani tenutosi nel teatro comunale di Medole lo scorso 27 febbraio. Coinvolgente sia la sua storia di uomo scalatore che ha salito tutte le 14 vette oltre gli 8000 metri, sia il suo impegno per la realizzazione di una scuola professionale in Nepal, luogo del mondo cui è indissolubilmente legato, sia il suo accorato messaggio d’allarme sul modo dissennato con cui l’uomo sta impoverendo e “banalizzando” le montagne italiane. Ma andiamo con ordine. Il primo traguardo raggiunto da De Stefani risale infatti al 2003, quando, sempre grazie a una raccolta di fondi, è stata inaugurata in Nepal una scuola che offre una preparazione scolastica primaria. Il prossimo traguardo sarà la costruzione di una scuola professionale per accompagnatori naturalistici orientata alla conoscenza, alla valorizzazione e alla difesa dell’ambiente Himalayano. Gli edifici saranno costruiti a Kirtipur, una cittadina poco lontana dalla capitale Kathmandu e la presenza di una scuola in quella regione rappresenta per centinaia di bambini e ragazzi l’unica opportunità di riscatto sociale ed economico, l’unica possibilità per strapparli dalla strada. La strada è per quei bambini, spesso orfani, il posto dove sono costretti a trascorrere la loro vita, in povertà, in solitudine, senza qualcuno che rivolga loro un po’ di attenzione. Emblematica è la storia di Sangi, il bambino orfano nepalese, protagonista del film proiettato durante la serata, che De Stefani ha accompagnato lungo l’impervio percorso che circonda la montagna sacra del Nepal, in quello che per ogni nepalese rappresenta un doveroso pellegrinaggio di fede da compiere almeno una volta nella vita. La grandezza di questa impresa, durata 40 giorni e non priva di difficoltà, sta nel fatto di aver saputo ascoltare il desiderio di Sangi. “È stata un’esperienza indelebile alla cui base c’è stata la voglia di capire che per un bambino è una necessità legittima quella di ricevere attenzione”, afferma De Stefani. Gli ampi orizzonti che si è creato con i suoi viaggi e le sue numerose esperienze in Asia non devono però trarci in inganno; De Stefani, infatti, è un italiano profondamente legato al proprio territorio, all’ambiente in cui è nato (la Pianura Padana) e a quello in cui è cresciuto dal punto di vista alpinistico (le Alpi). La serata ha rivelato un De Stefani profondamente preoccupato per le pessime condizioni che i profondi cambiamenti climatici in atto stanno creando nelle nostre montagne. Da qui all’invettiva finale contro l’irresponsabilità umana il passo è molto breve. L’alpinista mantovano ha ancora il coraggio e la forza per indignarsi di alcuni comportamenti ottusi e pericolosi tenuti da chi invece dovrebbe avere a cuore le sorti di un ambiente unico come quello alpino. E allora ecco la critica alla montagna sfruttata esclusivamente ad uso e consumo dei turisti, con impianti di risalita per sciatori creati dal nulla a quote improponibili (800-900 metri), dove la neve abbondante non si vedrà probabilmente mai più. Tali impianti riescono a sopravvivere solo grazie a sovvenzioni pubbliche per gli stati di calamità derivati proprio dall’assenza di neve e, quando non servono più, vengono lasciati lentamente a marcire deturpando il paesaggio, perché i loro costruttori non si preoccupano nemmeno di rimuoverli.


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