LA COMUNITA’ CHE VIENE

di Luca Cremonesi

Il primo luglio scorso è terminato l’iter della legge spagnola sulle unioni tra persone dello stesso sesso. In perfetto spirito europeo si sono riempite pagine di giornali con opinioni relative ad un argomento che non riguarda la nostra sfera civile. Questo fatto dimostra che in Italia la Chiesa – dopo anni in cui si è limitata a orientare le scelte politiche – vuole governare. Lo svela per certi versi anche l’incredibile 75% di astensionismo al referendum del 12 giugno. Perché, allo stesso modo, non si è parlato del referendum, francese e olandese, sulla Costituzione Europea? Era un tema decisivo per lo Stato italiano…

Ho letto Zapatero sul mensile spagnolo Zero. Egli ha sottolineato con chiarezza ciò che orienta le sue scelte: “Questa legge ci rende migliori come paese perché dà dignità a coloro che, per molti anni, non sono stati trattati giustamente. Questa legge, infatti, non toglie diritti a nessuno, però finalmente permette il riconoscimento della dignità omosessuale. È il riconoscimento della pienezza come esseri umani, della dignità, dell’uguaglianza senza condizioni. Resta molto da fare, ma lesbiche e gay si vedono riconosciuti e hanno raggiunto l’uguaglianza formale”.

Aldo Busi, in Manuale del perfetto Gentilomo, afferma: “Non esiste l’omosessualità, l’eterosessualità, la bisessualità: esiste la sessualità”. “Quando voglio stabilire il grado di stupidità di una persona, le chiedo di solito che cosa pensa dell’omosessualità maschile: più ne pensa qualcosa, più è stupida. Fino ad ora non ho mai incontrato la Risposta Intelligente […]. Pensate solo alla pseudointelligenza dell’etero che dice: Io ho molti amici gay ma non ho niente in contrario. Il guaio è che tutti ne pensano qualcosa”.

Il commento parte dalle parole di Busi: non è mai esistito un problema omosessualità. C’è solo la sessualità che si esprime in vari modi, come c’è lo sport e ci sono varie discipline. Quando qualcosa acquista il carattere di problema – o lo si vuole come tale – in realtà si crea un problema che in natura non esiste. Busi ha colto il cuore della questione: smettiamo di considerare l’omosessualità come un problema. Questo passo, di tipo culturale, è indispensabile per comprendere Zapatero. Il leader spagnolo non ha attaccato la Chiesa, e neppure la morale cattolica. Se, infatti, non esiste un problema omosessualità, v’è solo un problema di libertà che riguarda alcuni cittadini e alcune cittadine, discriminati e discriminate, da anni.

Se non erro – e conosco bene il mio avversario – il “nuovo” Papa ha dichiarato che la Chiesa deve combattere ogni forma d’intolleranza e discriminazione. Inoltre, ribaltando il tomismo che da secoli sorregge la Chiesa (ho usato volutamente tomismo…) ha dichiarato: “Aderite alla nostra morale indipendentemente dal tema dell’esistenza di Dio”. Non pretendo che la Chiesa accetti ciò che negherebbe una parte della sua stessa esistenza. Non è questo il problema (neppure per Zapatero). Se si tratta di lottare contro l’intolleranza e la discriminazione, perché negare e combattere una legge che le limita entrambe? La Chiesa dovrebbe riconoscere senza problemi la legge (di uno Stato sovrano) che non lede diritti acquisiti, ma limita intolleranza e discriminazione. Se facciamo però attenzione alle parole scritte dal Papa – aderire alla morale della Chiesa – credo non serva mostrare la contraddizione in termini che regna in queste affermazioni. Se, infatti, si aderisce incondizionatamente ad una morale, come si può pretendere di evitare discriminazione e intolleranza?

Ecco l’importanza di Zapatero. La legge approvata in Spagna non lede diritti acquisiti (non vieta alle copie eterosessuali – formate cioè da uomo e donna – di sposarsi), ma estende un diritto (quello di dar vita ad una coppia, riconosciuta giuridicamente come tale, e di avere diritti e doveri in comune) a persone che questo diritto non l’hanno mai avuto. Non si chiede, in altre parole, alla Chiesa di celebrare matrimoni omosessuali. È lo Stato che estende un diritto ai suoi cittadini, che appartengono a varie comunità, ma hanno il diritto di avere, nello Stato, pari diritti, doveri e dignità. Questa legge non nega nulla a nessuno, e ancor meno obbliga qualcuno a far qualcosa. Non è una legge repressiva, ma una norma che come mezzo ha l’uguaglianza e come fine la libertà.

Bobbio in Destra e Sinistra scrive: “Coloro che si proclamano di sinistra danno maggior importanza, nella loro condotta morale e nella loro iniziativa politica, a ciò che rende gli uomini eguali, o ai modi di attenuare e ridurre i fattori della diseguaglianza”. Sofri, con intelligenza (il testo si trova ora in Altri Hotel), rispose a Bobbio: “Io ci rimasi male. Prima di tutto perché sono convinto che il valore ispiratore di una buona sinistra non possa che essere la libertà”. Per Sofri la posizione di Bobbio è equivoca perché assimila eguaglianza e libertà. In realtà, scrive Sofri, sono concetti di qualità diversa: “l’uguaglianza è un mezzo e la libertà il fine”.

Zapatero, quindi, non ha opposto la morale di sinistra alla morale cattolica. In questo caso – nello scontro di due morali – non ci sarebbe spazio né per un’estensione dell’uguaglianza, né per una lotta alla discriminazione, perché, da questo punto di vista, le due morali hanno i propri concetti di uguaglianza, generati da appartenenza diverse (uguaglianza davanti a Dio per l’una, uguaglianza di tutti gli uomini per l’altra). Nel caso dello scontro di morali la polemica della Chiesa è sensata, perché si rischia di ledere dei diritti acquisiti. Ma Zapatero ha come fine la libertà, intesa come estensione di diritti alla maggior parte dei cittadini (in altre parole, un gay di sinistra, una lesbica di destra, un gay o una lesbica cattolica, non sono discriminati, ma possono scegliere come legittimare la loro unione). Non come sostenne Pera, presidente del Senato italiano: “Una cosa è chiara, è falso che si tratti di conquiste civili o di misure contro la discriminazione o di estensione dell’uguaglianza, si tratta del trionfo di quel laicismo che pretende di trasformare i desideri, e talvolta anche i capricci, in diritti umani”.

“Se al pensiero oggi va male, è perché, sotto il nome di modernismo, c’è un ritorno alle astrazioni, si riscopre il problema delle origini. Tutte le analisi in termini di movimento sono bloccate. È un periodo debole, un periodo di reazioni. Tuttavia, se le repressioni sono tanto terribili, è perché impediscono i movimenti e non perché offendano l’eterno. Così il pensiero (e la politica) riflette sull’eterno o sullo storico, ma non riesce più a produrre da sé il movimento (G. Deleuze)”. In un periodo debole ci affidiamo volentieri al governo della Chiesa (un pensiero forte) grazie anche ad una classe politica nostrana filo-clericale.

Nell’area Download, potete scaricare il file Dibattito in Redazione che raccoglie i testi della querelle nata da questo articolo.


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