TERRY CALLIER:
IL COLORE DELL’AMORE

di Giovanni Caiola

Da non molto tempo è giunto anche in Italia Lookin’Out, il nuovo disco di Terry Callier e, alla notizia dell’arrivo, non ho potuto trattenere un brivido di gioia ma pure un gemito di disperazione. Come potrei lasciarmi sfuggire il nuovo lavoro di un artista che, con i vecchi, tante emozioni m’ha regalato? E come posso fronteggiare la perenne crisi economica che imperterrita alloggia nel mio portafogli, se continuano ad uscire dischi di gente simile? Ma forse vi starete a questo punto domandando chi sia Terry Callier e siccome son qui proprio per dirvelo vedo di non perdere altro utilissimo spazio. Provate ad immaginare un incrocio tra il Van Morrison più ispirato ed il Tim Buckley che naviga fra le stelle ed aggiungeteci la carnalità propria dei grandi del soul: ecco un piccolo ritratto dell’artista Terry Callier da Chicago. Un ritratto che non può comprendere anche l’uomo dato che la sua vita abbisognerebbe d’un romanzo per essere raccontata, tali e tante sono state le peripezie che ha dovuto affrontare. La più curiosa? Nel 1964 avrebbe dovuto essere pubblicato il suo album di debutto The New Folk Sound Of Terry Callier ma purtroppo il produttore se ne sparì in Messico con i master ed il disco non uscì che quattro anni dopo. Ritardo fatale, perché nel frattempo l’interesse attorno al folk acustico svanì e quegli spartiti anticipatori di Nick Drake (recuperate il disco e mi darete ragione!) non vendettero alcunché. Ma questo non bastò ad abbattere il Nostro, che si mise invece ad incidere canzoni folk-soul bagnate di jazz degne, nei momenti migliori, di baciare appassionatamente il cielo: stanno su Occasional Rain (1972) e What Color Is Love (1973) e fatevi il dovere di sentirle dacché certa musica non rende la vita solamente felice ma anche degna di essere vissuta. Inutile dire che come il precedente anche questi dischi – ed il successivo (1974) e di poco inferiore I Just Can’t Help Myself – non vendettero nulla e così il buon Terry venne scaricato dalla casa discografica. Anche stavolta però non si diede per vinto e, stipulato un nuovo contratto con la Elektra, riprese a far dischi; ma venne a quel punto a mancare l’ispirazione ed i due album che scaturirono dal matrimonio furono sì commercialmente discreti ma artisticamente deludenti. Ritiratosi a vita privata è solo nel 1998 che riappare sulle scene, in seguito alla sua riscoperta effettuata dai protagonisti della scena acid jazz. Ed è un ritorno coi fiocchi giacché Time Peace ed i successivi Life Time (1999) e Speak Your Peace (2002) sono dischi bellissimi ed in qualche modo pure “nuovi”, vista la loro capacità di nuotare brillantemente fra le onde delle giovani sonorità (nell’ultimo dei dischi citati c’è ad esempio una spettacolare collaborazione con i paladini del drum’n’bass 4 Hero). Ed ora questo nuovo disco. Mi sto preparando ad ascoltarlo e spero lo facciate pure voi anche se, beninteso, nel caso non conosceste Callier prima vi consiglierei di dare un ascolto a quei primi tre capolavori.


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