…SUPERFLUA…?
LA FOTOGRAFIA ESIGE AUTONOMIA

di Eliseo Barbāra

No, non lo è.
E’ opportuno motivare la presenza, su La Civetta, del tema della fotografia. In primo luogo, voglio esprimere un atto, diciamolo pure, d’amore per una delle arti maggiormente considerate superflue. La fotografia ha un ruolo imprescindibile nella quotidianità della società contemporanea. A volte, rasenta addirittura una presenza esasperata. Siamo sommersi da immagini che, raramente, ci fermiamo a leggere; anche quelle shockanti hanno memoria breve. Ad esempio, i tragici eventi di cronaca (come il caso delle torture nelle carceri irachene) sono spesso “raccontati” attraverso la fotografia. Nel caso iracheno, si ricorderà, erano immagini nate dal più popolare uso della macchina fotografica: la foto-ricordo.
In poche parole, il linguaggio fotografico è ormai assorbito e radicato nel singolo individuo come nella globalità della società. Talmente assorbito che si fatica a filtrarlo, insomma a intenderne la sua essenza. Poco importa, ora, se il digitale ha preso il sopravvento come linguaggio, perché ciò non è vero. Si tratta solo di una questione tecnica: la fotografia continua a esprimersi nella stessa maniera di sempre. Non sarà mia intenzione trattare temi tecnici, al contrario, tenterò di parlare di tematiche trasversali e variegate inscindibili dalla fotografia. Insomma non solo arte, raramente arte per arte. Sono convinto che l’arte debba anche essere una dei più validi punti di vista dentro (e fuori) la società. Tra le arti (odio la distinzione tra maggiore e minore), la fotografia è stata una delle migliori espressioni ad essere profondamente radicata nella società contemporanea. Questo non preclude l’indiscutibile rilevanza di grandi nomi o correnti che prendevano il mezzo fotografico come via di fuga dall’oggettività, immersi in concettualismi o metalinguaggi. La fotografia, nella sua tenera e tormenta età cronologica, è alla ricerca di un proprio status, di un’indipendenza e di un’assoluta autonomia che raramente trova, soprattutto in Italia. Un riconoscimento ufficiale della sua emancipazione, nel bene e nel male, è giunto in primo luogo dal mercato, basta pensare ad alcune quotazioni dei maggiori fotografi ancora viventi. La situazione italiana, dove tutta la cultura è ormai considerata superflua se non redditizia, inutile se non crea evento, è sconfortante. In Italia, la fotografia è praticamente inesistente sia a livello accademico (non esiste una cattedra ordinaria; è un insegnamento spesso solo complementare; il numero di studiosi o critici, spesso antagonisti senza intenti di confronti aperti, è esiguo), sia a livello editoriale (scarsità di volumi storiografici; poche case editrici interessate nella fotografia; pochissime riviste e spesso poca serietà negli addetti ai lavori) che, ovviamente, negli spazi museali ed espositivi. Sembra che l’Italia preferisca rimanere ai margini, avvolta sotto la coperta di un chiuso e soffocante fotoamatorialismo locale. Per fortuna non è tutta così, l’Italia, ma c’è da lavorare. Certamente deve invidiare la situazione francese, inglese o americana, ma può vantare ottimi critici, circoli attivi e propositivi, fotografi di fama internazionale, festival, mostre e un promettente mercato. Ciò che manca è l’organizzazione cooperativa, la volontà di intessere collaborazioni trasversali, la forza di conquistare la gente senza svendere il linguaggio artistico e, soprattutto, manca la consapevolezza di quanto la fotografia sia radicata nel nostro mondo. Buona visione…


Commenti »

Ancora nessun commento

feed RSS per i commenti a questo articolo.

Lascia un commento


Attenzione: i commenti compariranno sul sito previa approvazione del moderatore

Righe e paragrafi vanno a capo automaticamente, l’indirizzo e-mail non viene mostrato, HTML è permesso: <a href="" title="" rel=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <code> <em> <i> <strike> <strong>