INTERVISTA AI GRASSIELLENTI

di Ilaria Feole

Partiamo dalle origini…
Damiano: I Grassiellenti (Luca Cimarosti, Damiano Cason, Fabio Oneda, Giuseppe Viola) nascono nell’estate del 2001; io e Cimo facevamo parte dei No one, ma avevamo entrambi l’interesse del punk, così è nata l’idea di far partire un progetto del genere.

Quali sono i vostri punti di riferimento in campo musicale e non solo?
D: All’inizio era il punk in generale, quello adolescenziale che passava il mercato, anche italiano; poi ognuno si è fatto il proprio background, non ne esiste uno comune del gruppo. Questo non è un male; anzi ognuno dà il suo apporto e a livello musicale siamo in sintonia. Poi ovviamente col tempo i gusti si sono evoluti; i gruppi di riferimento restano Rancid e Bad Religion, ora non prendiamo più in considerazione gli italiani.
Poi c’è l’influenza dell’ambiente culturale in cui è nato il gruppo: quando abbiamo iniziato in zona c’era un’atmosfera particolare, a Castelgoffredo c’erano tanti gruppi (le persone che hanno cominciato con noi, hanno messo su progetti interessanti, come
Officinalchemike, Lpetz, Naked Lunch). C’era molto movimento in ambiente musicale, quindi era importante appoggiarsi l’un l’altro: c’era solidarietà tra noi gruppi.
Poi col tempo la solidarietà è scomparsa e son scomparsi anche i gruppi.

Quindi la scena musicale locale attuale vi sembra meno viva?
Luca: Di gruppi validi ce ne sono ancora, ma le persone che suonano fondamentalmente sono le stesse: se si pensa ai gruppi che sono nati circa 5 anni fa come noi, molti sono ancora attivi, ma il passaggio di testimone non c’è stato. La generazione che ha l’età in cui noi abbiamo iniziato non è così attiva, o forse si nota di meno perché nessuno dà loro la possibilità di esibirsi.
D: Quando abbiamo iniziato noi, spesso c’erano concerti in piazza e chiamavano a partecipare noi gruppi di ragazzini, eravamo come degli eroi! Ora, non è che siano diminuiti gli spazi, ma sono diminuite le iniziative: un gruppo appena nato non pensa subito ai locali in cui suonare, ma potrebbe puntare su queste iniziative di paese, se ce ne fossero, che coinvolgono più gruppi.
L: A Castelgoffredo in particolare, non ci sono più spazi per suonare: una realtà come il Four season permetteva di sentire musica dal vivo ogni sera, e invogliava anche a mettersi a suonare, a imbracciare una chitarra e fare la propria musica. Forse anche la mancanza di un posto come quello è tra le cause della scarsità di nuovi gruppi.
D: Il problema è anche che c’è meno voglia di organizzare qualcosa che non sia solo per sé ma anche per gli altri.

Nelle vostre canzoni affrontate sia temi “privati”, legati a storie sentimentali, sia “pubblici”, di impegno sociale, come convivono queste due tendenze?
L: È tutto molto spontaneo: ognuno porta le proprie esperienze e quello che ha vissuto. Certo un’evoluzione c’è stata: nel demo (del 2002) quasi tutte le canzoni erano di One e il tema era prevalentemente sentimentale, le canzoni rappresentavano lo stato d’animo di un solo componente del gruppo.
D: Le canzoni del nuovo disco le ho scritte soprattutto io, e l’evoluzione delle tematiche è evidente, il cambiamento c’è stato.
L: Chiaro che le tematiche sentimentali non sono scomparse del tutto, però sono maturate anche dal punto di vista espositivo. Canzoni come Donna angelo non ce ne sono più… potremmo definirle “da primi peli pubici”!

Nelle recensioni al vostro demo, ricorre l’osservazione che i vostri testi sono “semplici, ma non banali”, è una scelta precisa?
L: Sì, c’è la volontà di non scadere nel banale con i testi; anche quando le tematiche sono quotidiane, sono comunque espresse con parole ricercate, anche se la canzone parla della morosa che è lontana da casa…
D: Io ho il chiodo fisso della non banalità, però è difficile da rispettare come criterio mentre si scrive. A volte è meglio riuscire a usare belle parole, che “arrivino” a chi ascolta.

Parliamo del vostro nuovo cd, appena uscito.
L: Il cd è stato registrato da Giovanni Bottoglia, alla Living Rhum, un anno fa: durante quest’anno abbiamo cercato un’etichetta (è la Boomerang Records di Livorno), che rappresentasse un buon biglietto da visita e segnasse un’evoluzione. Non volevamo che fosse un altro demo da aggiungersi a quello vecchio.
D: Il titolo Vedere guardare nasce dalla copertina; inizialmente doveva essere diverso, ma da quell’immagine di una tavola apparecchiata in modo elegante è nata l’idea dell’artwork per il cd, basato sulla differenza tra apparenza e realtà.
L: Esternamente non si vede cosa c’è dentro il cd, devi aprire per vederlo; e all’interno è molto diverso dall’immagine elegante esterna, le parole sono scritte a mano come se fossero estratti dal bloc-notes che è sul tavolo (e che magari molti non notano a una prima occhiata). In copertina c’è qualcosa di molto elegante e ordinato, pulito; invece aprendo il blocco, che fa parte di quella stessa immagine, leggi storie che non sono così eleganti, sono sporche. È qualcosa che va oltre quello che vedi esternamente; per questo “vedere guardare”: è un invito a guardare, ad andare oltre l’apparenza.
D: È un invito alla formazione di coscienze critiche.

In neppure cinque anni avete collezionato un centinaio di date; ce n’è qualcuna che ricordate in particolare?
D: La prima che mi viene in mente è quella al Rolling Stone, non tanto perché è un locale famoso, ma per l’organizzazione: ogni gruppo ha a disposizione un tecnico che si occupa di qualsiasi problema, dovevamo solo andare sul palco a suonare senza pensare a niente, cosa che chiaramente non avviene in tutti gli altri concerti! Per un giorno ti fanno sentire una star, poi te ne torni ai soliti concerti.
L: Anche il concerto di Terni è stato memorabile: era il raduno antirazzista degli ultrà della ternana. Andare a suonare lontano è sempre una bella esperienza, e arrivando fino lì sembrava di conquistare il centro-nord Italia!
D: Comunque le date belle sono poche, quelle brutte parecchie; si suona in posti dove non c’è nessuno, spesso gratis… È anche vero che il live non è il nostro forte, ma in un momento in cui anche la nostra scena è in crisi, i gruppi che rimangono a galla sono quelli che danno spettacolo sul palco.

Classica domanda finale: i progetti futuri?
D: Non ne abbiamo, viviamo alla giornata!
L: Certo promuoveremo il cd, ma questo dev’essere soprattutto un pretesto per trovare più date possibili; quello che ci interessa è portare in giro la nostra musica, farla conoscere alla gente, perché ci piace suonare.

Per info: www.grassiellenti.it


3 Commenti »

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  1. certo che fare qualcosa di diverso deve essere un’impresa veramente ardua!!!sempre le solite interviste pre-costituite pre-confezionate, le solite quattro domandine senza senso (che musica ascoltate?cosa vi piace? e il futuro?)BASTa!!cerchiamo di evolverci un’attimino..e poi come si fà a non fare neanche un commento quando un musicista, cazzo, (non un astronauta!!) dice: ” È anche vero che il live non è il nostro forte". un “giornalista” pseudo-serio avrebbe tirato almeno una frecciatina…vabbè, forse pretendo troppo…ritorno al mio iperuranio e vi lascio newlla vostra banalità…

    Comment scritto da lulù — 6/20/2006 @ 11:24 pm

  2. Pubblico solo ora il tuo commento perchè, per colpa mia, siamo rimastio indietro con la moderazione.

    Caro Lulù (almeno firmarsi con il proprio nome), la differenza fra chi vive nell’iperuranio e chi vive nella realtà è che il primo non fa nulla, mentre il secondo agisce. Ecco perchè, amico mio, da Platone ci si deve staccare (o rileggere bene ovviamente, ma solo i dialoghi della maturità) e arrivare a Marx per poi convogliare in Spinoza, per comprendere che chi resta a contemplare il mondo delle idee non fa nulla di interessante. Noi facciamo un giornale e promuoviamo certe cose, che tu chiami banali… bene, quali sono gli altri giornali della zona che si occupano dei ragazzi che suonano nelle nostre zone? Forse il tuo? non mi pare… Ecco, vedi, noi, sbagliando e facendo cose banali (forse) qualcosa facciamo, mentre tu? Scendi dall’iperuranio, molla Platone, leggi Spinoza e comincia a fare qualcosa anche tu, vedrai che la tua critica sarà più incisiva e interessante.

    Oppure puoi sempre scrivere per noi così forse smettiamo di essere banili, conttattami se hai voglia di fare, non se hai voglia di conteplare e basta..

    Ricorda quello che diceva un grande scrittore italiano (a te il compito, nell’iperuranio, di scoprire chi è.. lì vi dovreste incontrare facilmente): Chi non sa far nulla fa il critico…

    A presto, attendo tue notizie, con simpatia e stima, luca cremonesi

    Comment scritto da Luca Cremonesi — 7/12/2006 @ 5:48 pm

  3. In quanto autrice dell’intervista, rispondo a lulù con la massima sincerità: non ritengo di essere una giornalista seria, anche se mi auguro di diventarlo; per ora mi limito a fare del mio meglio, sempre. Ammetto senza problemi che era la mia prima esperienza con un’intervista, e perciò devo sicuramente “evolvermi un attimino", come dici tu. Sono perfettamente consapevole di non aver fatto domande originali: essendo la mia prima prova non mi sentivo in grado (limite mio) di sperimentare e mi sono tenuta nel binario delle domande “tradizionali"; mi dispiace che questo abbia reso l’intervista noiosa dal tuo punto di vista. Posso però aggiungere che per quanto riguarda la mancanza di “frecciatine” o commenti, è stata una mia scelta precisa e consapevole, poiché ho voluto limitare allo stretto indispensabile l’intervento dell’intervistatore e lasciare più spazio possibile agli intervistati, che ritengo siano ciò che più interessa il lettore (almeno questa è la mia opinione).
    Detto questo, ti ringrazio per la critica, sebbene non sia formulata in modo troppo costruttivo, e continuerò a fare il mio lavoro cercando di migliorare, non solo per te ma per tutti i lettori.

    Comment scritto da Ilaria Feole — 7/12/2006 @ 11:13 pm

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