CONTRO L’OMOLOGAZIONE NELL’ARTE:
IL DESIGN LABORATORIALE DI NISE GERBINO

di Melissa Melpignano

Al giorno d’oggi muoversi controcorrente nel mondo dell’arte significa non essere schiavi dell’hi-tech e di tutti i rischi di omologazione che l’arte elettronica comporta. L’artista che rende oggetto d’arte lo strumento tecnologico si trova, spesso inconsapevolmente, vittima di un meccanismo mediatico in grado di annullare l’identità espressiva del prodotto artistico e dell’artista stesso. Il rischio maggiore per l’“artista elettronico” è quello di perdere la gestione del processo creativo per mano dei centri di potere che controllano la produzione e l’utilizzo delle tecnologie. In secondo luogo l’artista visivo si ritrova a fare un uso sperimentale ed estetico di mezzi di massa che, essendo ormai oggetti di uso comune e quotidiano, difficilmente possono trovare completa dignità a livello culturale. Inoltre la distorsione della realtà che avviene tramite l’uso di media elettronici, i quali agiscono sulla vulnerabilità del nostro sistema percettivo, genera quel dibattito, aperto da almeno un ventennio, sulla necessità di una maggiore attenzione est-etica nell’uso artistico dei mezzi tecnologici di massa. Altra situazione da tenere presente è il crescente disinteresse per la pittura e per tutta l’“arte ferma”, riscontrabile in qualsiasi festival d’arte contemporanea. Questa inevitabile tendenza (nel senso di trend modaiolo e commerciale) ha dato grande spinta mediatica ed economica all’arte visiva, dimostrando quanto ormai la gestione degli enti e dei centri artistici sia affidata sempre più a mercanti che a intenditori e studiosi (e amanti) dell’arte, specie in Italia. Questa non vuole essere assolutamente un’invettiva contro l’uso dei mezzi tecnologici in campo artistico, che hanno anzi permesso la creazione di nuovi ambiti di azione e possibilità di ricerca nel multimediale; vorrei piuttosto cercare di delineare le insidie in cui facilmente ricadono i giovani artisti visivi, in difesa dell’arte come disciplina di espressione della cultura, contro ogni forma di business-art. Un’artista che ha saputo unire con grande consapevolezza est-etica le possibilità tecnologiche a un autentico lavoro artigianale è la ventiquattrenne castiglionese Nise Gerbino. La giovane artista designer, diplomatasi un anno fa presso la Nuova Accademia di Belle Arti (NABA) di Milano e dal 2003 assistente del celebre designer Filippo Avalle, ha già dato conferma dell’autorevolezza del suo lavoro in importanti e autorevoli esposizioni di design artistico, come Filophilo 2005 miniartextilcomo. Il lavoro di Nise consiste nella progettazione e creazione di lampade, costruite con fibre ottiche, LED, metacrilato, plexiglass, neon e altri materiali e mezzi dall’artista stessa nel laboratorio da lei allestito. In maniera semplice e schematica Nise progetta, ricerca i materiali e costruisce l’opera con le sue mani, creando i circuiti elettrici di illuminazione e incidendo i materiali per creare quei giochi di forme e colori che rendono tanto eleganti e apprezzate le sue creazioni.
Al giorno d’oggi solo un ristrettissimo gruppo di artisti, davvero di nicchia, provvede alla realizzazione pratica della propria opera senza la mediazione tecnica ed è proprio questa fabbrilità ad affermare l’Artista-Artigiano come individuo originale che non si fa alienare dal trend tecnologico, pur facendo uso di mezzi elettronici e continuando a sperimentare con essi. È dunque possibile mantenere eleganza, originalità, autenticità nel processo e nel prodotto artistico utilizzando consapevolmente mezzi di uso comune, assumendosi quella responsabilità est-etica necessaria per non abbassare l’arte a mero prodotto commerciale e di moda.


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