IMPLICITO / 12

di Carmelo Sammartino

“Sire, ormai ti ho parlato di tutte le città che conosco”.
“Ne resta una di cui non parli mai”.
Marco Polo chinò il capo.
“Venezia”, disse il Kan.
Marco sorrise. “E di che altro credevi che ti parlassi?”.
L’imperatore non battè ciglio. “Eppure non ti ho mai sentito fare il suo nome”.
E Polo: “Ogni volta che descrivo una città dico qualcosa di Venezia”.
“Quando ti chiedo d’altre città, voglio sentirti parlare di quelle.
E di Venezia, quando ti chiedo di Venezia”.
“Per distinguere le qualità delle altre devo partire da una prima città che resta implicita. Per me è Venezia”.
Com’è noto, il brano è tratto dalle Città invisibili di Italo Calvino ed è un passaggio forte del dialogo tra l’imperatore e Marco Polo. In qualche modo anche le parole-chiave sin qui proposte (dall’1° al 12) rappresentano delle guide invisibili, i presupposti impliciti ai quali molti artisti si affidano per attraversare il proprio lavoro. Si è trattato di frequentare, seppur velocemente, una grammatica possibile del fare artistico mediando tra l’ordine illimitato del desiderio e l’ambito frammentario della realtà.
Ripercorrendo i titoli (… fantasticamente, interrogare, manifestare)
mi accorgo di come la sequenza può aprire la responsabilità del futuro. Chi vive la ruvida bellezza dell’arte, intesa come radicamento necessario alla propria umanità, si accorge presto di quante dinamiche inaspettate ci propone. La pittura, in particolare, è chiamata oggi a nuovi impegni nel tentativo di catalizzare esperienze sociali. Forse l’attende un nuovo ruolo che si dovrà manifestare in relazione alle grandi modificazioni della contemporaneità. Se i nuovi materiali e le nuove tecnologie sottolineeranno sempre più una concezione dinamica del tempo, lo spazio artistico dovrà verificare la sua capacità di vivere i mutamenti odierni senza avvilire la poesia.
“Vi è forse, nella vita quotidiana, un’energia nuova, che ha sostituito le visioni utopistiche di un tempo, per sostituirle con una intensificazione dei bisogni e dei desideri di ciascuno di noi. Non resta che forzare il possibile, il quale risiede già nel quotidiano. Ma dobbiamo essere in grado di osservarlo in maniera diversa, per poter scoprire le nuove possibilità che ci vengono offerte” (Zardini – Borasi).
Di tutte le riflessioni scritte sin qui, ne rimane comunque una – implicita ed essenziale – che ci costituisce e ci avvolge: il mondo della vita, menzionato dallo stesso Wittgenstein come l’unico mondo che c’è alla fonte di ogni sapere.

Questo articolo conclude l’intervento mensile su La Civetta grazie alla quale ho sostenuto e alimentato questioni intorno all’arte e al significato politico in essa contenuto. Il viaggio è stato intenso ed appassionante. Un saluto particolare ai lettori che hanno avuto la pazienza di seguire la particolarità dei temi trattati. Le idee, come la realtà, si pluralizzano in innumerevoli sfaccettature. Ad un pittore accorderete di “pensare con le mani…”.


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