I CONSIGLIATI DI PEGASO

di Paolo Capelletti

José Saramago nasce ad Azinhaga, in Portogallo, il 16 novembre 1922 e, proprio nel giorno in cui l’autore spegne ottantatré candeline, Einaudi tiene a battesimo la pubblicazione italiana dell’ultima opera del Premio Nobel per la Letteratura 1998, dall’intrigante titolo Le intermittenze della morte. La felice coincidenza ci offre l’opportunità di tornare indietro di tre lustri (e un millennio) e trovare un romanzo destinato a essere, con Cecità, La Caverna e Il Vangelo secondo Gesù Cristo, uno dei più apprezzati del nostro, Storia dell’assedio di Lisbona. Come spesso accade, il protagonista che Saramago ci fa incontrare è un uomo che ha già una certa età e conduce una vita prevalentemente solitaria, con pochi ricordi degli antichi legami sentimentali e dei sogni giovanili, tinte di grigio stese sull’unica attività rimasta, l’impiego, che, nel nostro caso, è quello di revisore per conto di una casa editrice; Raimundo Benvindo (ma a lui non piace che si sappia il secondo nome) Silva, residente a Lisbona, correttore di bozze. E come spesso accade, a squarciare il grigio arriva l’imprevisto e imprevedibile, un fulmine che non è detto porti l’arcobaleno, magari lascerà solo il buio, ma l’Uomo ama mettersi in gioco, anche se non lo fa apposta, come Raimundo che, tra le mani le bozze di una canonica Storia dell’assedio di Lisbona, non resiste alla tentazione di inserire un NON dove l’autore non se lo sarebbe sognato, quando ha scritto “I crociati aiuteranno i portoghesi a conquistare Lisbona”. Così, “i crociati NON aiuteranno…”, dice Raimundo, consapevole di contravvenire per ben tre volte al codice deontologico al quale si è sempre attenuto: da revisore di bozze, le ha consegnate con un evidente errore non corretto, da autore storico, ruolo di cui lui stesso si investe, sovverte una verità di fatto e, infine, da revisore di se stesso, non corregge l’errore commesso. Tuttavia, il dado è tratto e non si fermerà prima di aver sconvolto non solo la vita di Raimundo, ma anche quella di Maria Sara, assunta dalla casa editrice per controllare il lavoro di lui, dopo la scoperta del misfatto, quella di Mogueime, soldato portoghese impegnato nella presa di Lisbona dal dominio dei mori e nato dalla penna del revisore, ormai definitivamente mutato in romanziere, e quella di Ouroana, la bella galiziana di cui Mogueime s’innamora perdutamente. Tra continui salti temporali dal XX al XII secolo, intrecci di sentimenti e vita vissuta, richiami storici che ci fanno conoscere Lisbona attraverso gli occhi di Raimundo Silva e quelli, ciechi ma spiritualmente vividi, del Muezzin che chiamava alla preghiera gli assediati nel 1147, Saramago ci incanta e ci porta al termine del suo lavoro con una scrittura ironica e divertita, abile e creativa, facendoci assaporare, come fanno i protagonisti, ogni piccolo gesto, perché, per quanto effimero, è pur sempre degno di essere vissuto. Una deliziosa storia d’amore, sovrapposta a un’altra, senza perdere di vista la Storia, anche se l’intento è stravolgerla: esperimento perfettamente riuscito per un maestro assoluto della letteratura contemporanea e un vulcanico innovatore di stile.


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