LA NUOVA GUERRA FRA POVERI E FRA GENERAZIONI
DI LUPIN III


È di alcune settimane fa la fine (?) del tormentone sull’ennesima riforma previdenziale. L’analisi dei primi documenti ci consente di fare alcune considerazioni circa la bontà economica e sociale della stessa. In sintesi:
• L’eliminazione dello scalone ci costa 10 miliardi in 10 anni.
• La copertura finanziaria avviene:
- per 3,6 miliardi aumentando i contributivo ai co.co.pro (i vecchi co.co.co cioè i precari).
- per 3,5 miliardi attraverso risparmi derivanti dall’accorpamento degli enti previdenziali, con clausola di salvaguardia.L’accordo prevede anche che la revisione dei coefficienti di trasformazione, prevista dalla legge Dini del 1995, sia rimandata al 2011.

Si osserva come il governo, in particolare alcune sue frange, d’intesa con i sindacati, hanno creato tutte le premesse perché il costo di questa riforma venga scaricato sulle categorie più giovani dei lavoratori: quelle meno tutelate, rinviando il necessario e logico innalzamento dell’età pensionale, come invece sta accadendo nel resto dei paesi europei. L’aumento dei contributi sui precari avrebbe senso se e solo se ciò significasse una maggiore pensione futura; in realtà il maggior gettito serve solo a garantire la pensione dei 58enni che stanno in massa andando in pensione (ricordiamo che la speranza di vita media è di 80 anni in Italia!). Si consideri inoltre che i 3,5 miliardi di risparmi derivanti dall’accorpamento degli enti previdenziali sono teorici, al punto che è stata introdotta la clausola di salvaguardia: se non ci sono i risparmi aumentano i contributi a tutti i lavoratori! La riforma rinvia anche la revisione dei coefficienti previsti dalla riforma Dini: essa prevedeva, a pieno regime (2005), che il lavoratore percepisse una pensione in base contributi versati, trasformando di fatto il regime da sistema a ripartizione a sistema contributivo, cambiamento necessario quando l’età anagrafica si allunga. Nel 2005 il Governo Berlusconi non fece nulla per attuare la legge Dini, rimandando il problema al successivo governo, che a sua volta la rimanda di altri 3 anni. Da queste premesse i cambiamenti necessari, previsti dalla riforma Dini, sono praticamente eliminati. Facilmente ciò comporterà, nel tempo, deficit previdenziali crescenti che saranno finanziati o con le tasse o con nuovi contributi: questo aumenterà il costo del lavoro, rendendo di fatto più costose le nostre merci. Ancora una volta le lobbies reazionarie (tra cui ormai si iscrive a pieno titolo anche il sindacato) agiscono in concerto per distruggere le aspettative future di crescita economica, ricercando il consenso tramite accordi di bassissimo profilo i cui costi saranno scaricati sulle generazioni future, creando così tutte le premesse per una vera guerra generazionale: le tasse cresceranno, crescerà anche il sommerso e il debito pubblico.
Proprio un quadro idilliaco, complimenti!


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