MONTICHIARI
COMITATO DI ACCOGLIENZA - EPISODIO O

di Paolo Capelletti

Lo scorso mese accennai ad alcuni episodi, i cui racconti filtrano quotidianamente dalle mura del municipio di Montichiari, che denotano una considerazione sbilanciata, quasi razzista, a sfavore degli abitanti extracomunitari del nostro Comune. Avvezzo a leggere e a sentire che l’amministrazione fa un vanto dell’accogliente apertura delle porte di una Montichiari sempre più a misura d’uomo, mi è sorto il legittimo sospetto che tali voci fossero calunniose nei confronti dell’amministrazione stessa; ma la mia polemica abitudine a verificare le mie sensazioni mi ha messo a contatto diretto con le testimonianze di esperienze non certo piacevoli da vivere ed è allora che il mio sospetto ha mutato direzione e si è concretizzato in un’inquieta domanda: non sarà che, arbitrariamente, il sindaco non conceda la residenza a chi è immigrato dall’estero? Mi si dirà che non ce ne sarebbe motivo, se, poi, si conoscono un po’ questi meccanismi, si obietterà anche che, di fronte all’alloggio in una regolare abitazione del territorio, non ce n’è neppure l’autorità, da parte del primo cittadino, e si avrebbe ragione. Allora correggerò un po’ il tiro, anche alla luce del fatto che, qualora scatti dai sindacati una denuncia a carico del sindaco, dagli uffici del municipio la pratica di assegnazione della residenza esce conclusa come per incanto: diciamo che, a fronte di una richiesta di residenza, magari mirata all’ottenimento della carta d’identità (necessaria, ad esempio, per ottenere una patente di guida), l’ingranaggio di inoltro della suddetta pratica, a Montichiari, rischia di inchiodarsi se si tratta di un abitante straniero, salvo poi tornare perfettamente oliato (ma non dubito certo che sia solo una sconveniente coincidenza) nel caso di una successiva richiesta a nome di un abitante italiano. Considerando questo come un prologo, Vi rimando alle future occasioni per cercare di fare chiarezza sull’intricato e misterioso fenomeno che ha colpito le scrivanie degli impiegati comunali monteclarensi, nascondendo nei cassetti le documentazioni e riconoscendo, oltretutto, il Paese da cui provengono.


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