PROMEMORIA PER LA PROSSIMA CAMPAGNA ELETTORALE - DI LUPIN III


Il 2007 sarà il 15° anno dalla riforma del rapporto di lavoro nel pubblico impiego: facciamo un bilancio di questo settore che occupa 3.350.000 lavoratori (più circa 400.000 precari che verranno assunti a tempo indeterminato con la finanziaria in approvazione, bel colpo per i conti dello stato). Se non è possibile fare una valutazione in riferimento alla produttività (non esistono statistiche effettive!), dall’altra si può quantomeno accertare il costo, distribuito per categorie, e tentare una comparazione, per quanto possibile, con il resto del mondo dei lavoratori dipendenti. I dati, disaggregati per varie categorie, mostrano un quadro alquanto impietoso dei costi della macchina pubblica (va ricordato che in ogni categoria si sono raggruppati tutti i livelli contrattuali). In ogni caso, anche considerando questo limite, se compariamo lo stipendio medio nel pubblico impiego con quelli medi dei settori privati si possono cogliere immediatamente le discrepanze a favore dei primi: 41.000 euro contro una media di circa 30.000 euro del settore privato (è ottenuto come media sui 3 settori produttivi considerando i diversi livelli contrattuali senza distinzione). Si capisce perfettamente dove sta uno dei gangli perversi che impediscono alla nostra economia di crescere. Ma c’è di più: oltre a distruggere ricchezza, assorbire risorse dai settori produttivi, distorcere socialmente la distribuzione della ricchezza (in una vera guerra tra poveri), il settore pubblico è ormai un serbatoio di potere dei sindacati (in questa chiave di lettura va letto il “benvenuto” dato dagli operai della FIAT ad Epifani e soci). Nel settore privato il datore di lavoro non contratta con i sindacati i criteri per i passaggi di qualifica, mentre ciò è sistematico nel pubblico: all’INPS il 90% del personale è inquadrato tutto in un unico livello! Alle Dogane il personale ha una sola categoria contrattuale; lo stesso in tantissimi Comuni ed enti locali, alla faccia di produttività ed efficienza. Questi dati, seppur nella loro semplicità, segnalano che i sindacati hanno fallito nella loro stessa missione!


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