DA GHEDI AD AVIANO,
PASSANDO PER VICENZA
IL MISTERIOSO STATUS GIURIDICO DELLE BASI USA

di Claudio Morselli

Luca Benedini, del movimento pacifista di Mantova, ci ha inviato questa lettera, che ci consente di allargare ad Aviano e a Vicenza la riflessione sull’extraterritorialità che abbiamo fatto, nel numero scorso, sulle bombe atomiche dislocate alla base militare di Ghedi.

La questione dell’extraterritorialità o meno delle basi militari statunitensi in Italia appare tuttora un vero e proprio “mistero istituzionale”. Una decina d’anni fa, in Friuli il “Comitato Unitario contro ‘Aviano 2000’” denunciava che nel 1951 il governo italiano ha regalato l’aeroporto di Aviano agli Usa “con un accordo che, a quarantacinque anni di distanza, è ancora segreto, alla faccia della Costituzione e delle stesse norme contenute nel Patto Atlantico. Da allora, l’aeroporto […] è di fatto un pezzo d’America, con tanto di extraterritorialità” (ciò perlomeno da quanto appariva dal comportamento delle parti in causa). In seguito, Il Manifesto del 5/2/1998 riferiva che, “quando il Comitato ha chiesto precisazioni sulla natura giuridica della base” di Aviano, “il Governo in un primo tempo rispose che si trattava di ‘base italiana’ e quindi inviò il trattato di istituzione della Nato. Come dire non rispose”… Più recentemente – in una tavola rotonda a Padova l’8/8/2005 – l’Assessore regionale friulano alle Politiche della Pace, Roberto Antonaz, ha dichiarato che in merito alla base militare Usa di Aviano, “sulla quale la Regione non ha competenze dirette, ma […] può intervenire in modo indiretto, abbiamo chiesto che venga reso pubblico l’accordo riguardante l’utilizzo della base e che esso venga adeguato pienamente alla Costituzione e all’ordinamento giuridico italiano. Questo perché ancora oggi la base di Aviano gode di extraterritorialità”. Ma la richiesta della Regione Friuli non è stata ancora accolta e su queste tematiche, nei giorni scorsi, anche grandi quotidiani nazionali hanno dovuto accontentarsi di semplici dichiarazioni anonime di funzionari ministeriali. Riguardo alla base Usa di Vicenza, infatti, il 20/2/2007 La Repubblica riportava che secondo “fonti del Ministero della Difesa […] ‘la base è italiana, è stata concessa in uso gratuito agli Stati Uniti, ma non c’è un millimetro di ogni base militare in Italia che non sia italiano’. Questo significa che anche a Vicenza si rispettano le leggi italiane e che l’autorità che ha il controllo e la potestà legale sulla base e sulle sue modifiche è italiana”. Ciò varrebbe dunque anche per Aviano, però si tratta di affermazioni prive di un volto e in netto contrasto con quanto asseriva un anno e mezzo fa l’Assessore friulano Antonaz. Come stanno dunque le cose? Si può venire a sapere qualcosa di preciso? E, soprattutto, perché mai viene ancora tenuto segreto il testo delle parti non strettamente tecnico-operative dei trattati militari Usa-Italia (ammesso che vi siano, tra l’altro, parti del genere in un trattato…)? Che democrazia è mai questa? Finora assomiglia più che altro a una “repubblica delle banane”…
Luca Benedini

A questo punto, mettendo assieme tutte le (pur contradditorie) informazioni raccolte, compresa la testimonianza citata da Carlo Susara a pagina 7, si arriva alla conclusione che non solo per Ghedi, ma anche per Aviano e Vicenza non esiste extraterritorialità; ovvero: le basi, le bombe, i militari sono in territorio italiano e sono sotto la giurisdizione dello Stato italiano, il quale risponde di quanto avviene in quelle basi. Ciò rende ancora più pressante la necessità di rimettere in discussione questa situazione di illegalità, sia per quanto riguarda la segretezza degli accordi militari stipulati tra Italia e Stati Uniti, e ciò in violazione degli articoli 80 e 87 della Costituzione, sia per il mancato rispetto, da parte del nostro paese, del Trattato di non proliferazione nucleare. Già due anni fa, nel febbraio del 2005, il Sen. Natale Ripamonti, Coordinatore dei Verdi della Lombardia, aveva trattato questi argomenti in un’interrogazione rivolta all’allora Ministro della Difesa Antonio Martino, ma ottenendo scarsi risultati. Partendo dalla constatazione che “nella base NATO di Ghedi Torre ci sarebbero 40 testate nucleari degli Stati Uniti d’America, tutte bombe di tipo B 61”, il Sen. Ripamonti chiedeva “se non si intenda informare il Parlamento ed il Paese sulla dislocazione delle armi nucleari in Italia, sui rischi oggettivamente connessi a tale dislocazione e su quali reparti delle nostre forze armate siano addestrati all’uso di tali armi e se non si ritenga di dover rendere note le forme ed i contenuti degli accordi segreti che hanno consentito l’installazione di armi nucleari statunitensi sul suolo italiano ed i vincoli ancora vigenti”, per chiedere, infine, “quali iniziative si intenda predisporre per allineare l’Italia a quanto disposto dal Trattato di non proliferazione delle armi nucleari”. Nella sua risposta il Ministro confermava implicitamente la presenza a Ghedi di bombe atomiche, senza contestare né confermare i dati esposti dal Sen. Ripamonti, ma esaltando “il valore della deterrenza nucleare”, perché “soltanto le forze nucleari hanno la capacità di rendere incalcolabile ed inaccettabile per chiunque il rischio di un’eventuale aggressione o coercizione contro l’Alleanza”, e glissando sugli aspetti fondamentali dell’interrogazione. Il Sen. Ripamonti, da noi interpellato, ci ha comunicato l’intenzione di ripresentare l’interrogazione che, speriamo, con un governo di centrosinistra (se regge) possa questa volta ottenere maggior ascolto. Non è che il clima sia dei migliori, anzi. La retorica militarista è ancora molto diffusa e pesano come macigni alcune recenti decisioni del governo, come ad esempio l’aumento, con la finanziaria, del 13% delle spese militari, o l’incauta e intempestiva decisione sulla base di Vicenza, o l’irrigidimento sull’Afghanistan, per cui non si capisce bene come ciò possa essere coerente con la scelta, solennemente enunciata nel programma dell’Unione, di “mettere la vocazione di pace del popolo italiano e l’art. 11 della Costituzione italiana al centro delle scelte che il nostro Paese compie in materia di sicurezza”. E poi addosso alla “sinistra radicale”, agli “estremisti”, ai “massimalisti”. Ma li avete visti i manifestanti di Vicenza? C’entrano qualcosa con lo stereotipo che si vorrebbe far passare nella testa della gente? Due anni fa i Verdi organizzarono una manifestazione davanti alla base di Ghedi. Chissà che non sia venuto il momento di riprendere l’iniziativa, anche qui da noi, per far valere, non solo a parole, le ragioni della pace.