VERTENZA DI GRUPPO E BOICOTTAGGIO GLOBALE

di Claudio Morselli

CASO WELLA: 2 ESIGENZE

Credo anch’io, come scrive Alfredo Papa nel suo intervento, su questo numero della Civetta, che la partita Wella sia ancora aperta. E’ vero, rispetto alla chiusura totale della prima fase, si è aperto qualche spiraglio ed è stato fatto qualche piccolo passo in avanti. Credo però che non possiamo accontentarci di questo e credo, anzi, che sia venuto il momento di fare una verifica dello stato della vertenza, dei metodi e degli strumenti di lotta usati, ragionando sul salto di qualità che è possibile fare, proprio per “stanare” l’azienda. Ognuno fa il proprio mestiere e qui nessuno vuole insegnare qualcosa a qualcuno, ma sono altrettanto convinto che non sarebbe utile per nessuno, e in primo luogo per i lavoratori della Wella, una sorta di atteggiamento di “autosufficienza”, da parte del sindacato e delle rappresentanze dei lavoratori, nei confronti di preoccupazioni, osservazioni e proposte che possono venire da fonti esterne, così come abbiamo fatto noi, con La Civetta. Le vicende delle ultime trattative confermano, come ormai hanno affermato in tanti, che la Wella non ha alcuna intenzione di modificare la propria posizione e che, pressata da più parti – dal fronte sindacale a quello istituzionale – e non potendo perdere la faccia con la conferma nuda e cruda dei licenziamenti, cerca di prendere tempo, in attesa di condizioni migliori per realizzare definitivamente ciò che ha deciso sin dal primo giorno. Ecco perché è giusto, non solo non mollare, sul terreno dell’iniziativa dei lavoratori e su quello istituzionale, ma rilanciare la vertenza creando le condizioni affinché si possa migliorarne l’efficacia. Non ho alcun dubbio sul fatto che il sindacato e i lavoratori non abbiano mollato la presa e che, anzi, siano impegnati, “con convinzione e tenacia”, per ottenere un risultato positivo. Se però vogliamo uscire dal generico dobbiamo affrontare, necessariamente, i due punti esposti da Diego Albano nel suo articolo de La Civetta del mese scorso: come costruire una vertenza “di gruppo” e come portare, almeno a livello nazionale, l’iniziativa del boicottaggio. Di qui non si scappa. Alla Procter & Gamble uno sciopero a Castiglione non fa nemmeno il solletico, uno sciopero di tutti gli stabilimenti del gruppo probabilmente può cominciare a creare qualche problema. Il boicottaggio fatto a Castiglione e nel circondario va bene, ma non può essere certamente sufficiente. Perché il sindacato sottovaluta ancora questo grande strumento di mobilitazione e di pressione? Ma vi immaginate cosa potrebbe succedere se, fra qualche mese, la P&G si trovasse, nei propri tabulati, anche solo un meno cinque percento di vendite? Veniamo alle obiezioni. Sulla vertenza di gruppo pesano le forti difficoltà a mettere insieme rappresentanze diverse, disperse per il mondo, spesso con interessi diversi se non addirittura contrapposti. E’ vero, ma ciò non toglie che, di fronte ad un capitale globalizzato, i lavoratori non debbano non porsi l’obiettivo di una vertenza globalizzata. Non so se ci sono precedenti in merito, ma se anche non ce ne fossero, non mi sembra questo un buon motivo per non cominciare. Se non c’è ancora, l’esperienza la si può, la si deve costruire, giorno per giorno, con l’impegno di tutti. Certo, se non ci si pone il problema, diventa impossibile trovare delle soluzioni. Per quanto riguarda il boicottaggio, invece, è vero – come ci ricorda Diego Albano – che la lista dei prodotti è lunga e che ciò può creare qualche intoppo, ma se una strategia non funziona o non è efficace, la si può modificare, individuando, ad esempio, i tre o quattro prodotti più importanti o di più largo consumo, o di più facile individuazione, e concentrare su questi il boicottaggio. Ma è chiaro che tutto ha un senso se l’iniziativa ha, almeno, un respiro nazionale. Ripeto, non riesco ancora a capire perché il sindacato non abbia ancora messo in piedi una campagna nazionale di boicottaggio dei prodotti Wella e P&G. Potrebbe avvalersi della collaborazione di una rete ormai collaudata di gruppi e associazioni del variegato movimento no global, che con le azioni di boicottaggio hanno già ottenuto importanti risultati. Forse è un problema di cultura. Non siamo abituati, non fa parte del nostro bagaglio culturale, ma è un’azione efficace, oltre che nonviolenta. Ulrich Beck, che non è certamente un estremista o un sovversivo, sostiene che «esiste un modello di contropotere rispetto al capitale che agisce su scala globale, ed è il contropotere dei movimenti sociali che si richiama alla figura del “consumatore politico”. Alla risorsa di potere del non-investimento delle multinazionali corrisponde – sottolinea ancora Ulrich Beck – la risorsa di potere del non-acquisto, della quale dispongono i singoli, ma anche, e soprattutto, i movimenti transnazionali di consumo e boicottaggio. Per il capitale mobile – aggiunge Beck – è fatale che nei confronti di questo crescente contropotere non sia possibile alcuna controstrategia. Nemmeno gli onnipotenti gruppi industriali mondiali possono perdere clienti». Vale la pena di ricordare che, nel nostro caso, un boicottaggio impostato su una lotta di gruppo potrebbe moltiplicarne le potenzialità, potendo svolgersi su scala globale e contando, quindi, su una platea molto più diffusa di potenziali consumatori.

Info
www.boicottaggi.it
www.manitese.it/boycott
www.tatavasco.it/altromondo/boycott/boicottaggio.htm
www.unpodisinistra.it/invisible/boycot.html
www.utopie.it/consumi_consapevoli.htm