LA POLITICA
DEGLI ESPERTI AMBIENTALI

di Marzia Sandri

Percorrendo la strada che da Volta Mantovana porta fino a Pozzolengo, subito dopo aver lasciato alle spalle il borgo di Castellaro Lagusello, la vista di un gruppo di capannoni di recente costruzione si para improvvisamente davanti offendendo la vista e la sensibilità estetica di tutti coloro che di questa sensibilità sono dotati. E’, questo, solo uno dei tanti “pugni nello stomaco” che si ricevono nell’attraversare le colline moreniche, nella zona dell’Alto Mantovano. “Il problema nasce a livello istituzionale a partire dall’adozione del Piano Paesistico Regionale che si limita a fornire “indicazioni” ma non “regole” vere e proprie di tutela del paesaggio, rimandando tale compito al “Piano territoriale di coordinamento provinciale con valenza paesistica” spiega Emilio Crosato, presidente del Comitato per il Parco delle Colline Moreniche del Garda. “Uno strumento – continua il presidente – che non riesce, però, ad incidere efficacemente nel limitare la cementificazione in quanto sono, in realtà, i Comuni a decidere il futuro del territorio sia perchè possono variare a loro discrezione i propri Prg, anche con procedure semplificate (L.R. 23/1997) e autoapprovando i nuovi Piani, sia perché la Regione ha loro delegato le competenze in materia di rilascio delle autorizzazioni paesistiche relative al territorio soggetto a vincolo ambientale”. E qui entra in gioco, nell’ambito delle commissioni edilizie comunali, la figura dell’esperto ambientale, anello debole di una catena già non particolarmente robusta. “Gli esperti ambientali previsti dalla legge della Regione Lombardia n° 18/97 - spiega Crosato - che dovrebbero esprimere un parere di compatibilità paesistica sui progetti esercitando, dunque, un controllo, sono, in realtà, nominati dal Comune in cui operano, spesso, per non dire quasi sempre, più che per meriti professionali per legami di varia natura con gli amministratori. La conseguenza è che anziché svolgere un’azione di tutela nei confronti del paesaggio e dei valori del territorio, finiscono con il legittimare trasformazioni devastanti”. La Regione, infatti, nel trasferire tutti i poteri in materia paesisitica alle amministrazioni locali, non ha mantenuto per sé nessuno strumento di controllo lasciando totalmente mano libera ai Comuni di poter effettuare qualunque tipo di intervento. Ultimo baluardo rimane la Soprintendenza che, però, ha poteri effettivi assai limitati, in quanto mantiene solo il mero controllo di legittimità dei provvedimenti comunali. “L’Urbanistica in mano ai Comuni – spiega, in una recente intervista, Luca Rinaldi, responsabile della Soprintendenza ai Beni architettonici e per il Paesaggio della Lombardia orientale – specie quelli piccoli, diventa, così, oggetto di voto di scambio tra amministratori e possessori di aree. Voti e soldi sotto forma di oneri di urbanizzazione in cambio di concessioni edilizie”. “Il tutto con l’approvazione dell’esperto ambientale di turno – dice ancora Crosato – che, anziché cercare di seguire i criteri di valutazione fissati all’interno del Piano Paesisitico, si preoccupa di più di compiacere l’amministrazione per cui lavora legittimando trasformazioni selvagge, quando non, addirittura, di sfruttare tali autorizzazioni per i propri personali interessi. E tutto questo in un territorio il cui paesaggio è stato assoggettato a vincolo ambientale dopo l’emanazione della legge 1497 del 1939 con i decreti del Ministero della Pubblica Istruzione negli anni ‘60”. “A questo punto – conclude Crosato – è necessario correre ai ripari, anche avvalendosi della recente disposizione regionale che elimina l’obbligo dell’istituzione delle commissioni edilizie e sancisce la creazione di una commissione per il paesaggio. Di tale organo, che dovrebbe avere valenza sovracomunale, è necessario che facciano parte persone capaci e professionisti competenti e soprattutto liberi da interessi di parte”.


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