SOLFERINO LA TRADIZIONE DEL CIOCA MARS

di Andrea Bianchera

Promosse dal Circolo culturale Monte Alto di Solferino, si sono tenute, nel periodo invernale, diverse serate, tra novembre e febbraio, dedicate al filòs, il modo di incontrarsi dei nostri nonni per trascorrere le lunghe serate invernali, negli unici luoghi al tempo naturalmente riscaldati, le stalle, raccontando le filastrocche, i proverbi, gli aneddoti, talvolta ironici, spesso giocosi, a volte crudeli, tutti ovviamente in dialetto stretto, che comunque rappresentavano un modo per tramandare le tradizioni ed il sentire popolare.
I filòs erano occasioni importanti anche per far nascere nuovi amori. Con l’arrivo della primavera i giovani del tempo trovavano invece altri modi e altri luoghi ( per quanto fossero sempre controllati con severità, almeno nelle intenzioni, da parte dei genitori) per incontrarsi e conoscersi. Si dice che una volta non fosse facile appartarsi e vivere in intimità prima del matrimonio: infatti succedeva talvolta che i figli nascessero settimini (sei-sette mesi dopo il matrimonio, evidentemente riparatore) anche se superavano i quattro chili e sprizzavano salute da tutti i pori! Ma i pettegolezzi che fino ad allora erano rimasti chiusi nelle stalle e passavano sottovoce da un orecchio all’altro, con l’arrivo della primavera venivano declamati pubblicamente e fragorosamente in quello che veniva chiamato, a seconda delle zone, “Entra marzo” (o ‘rio mars’) o “Grida marzo (o ‘cioca mars’):

Entra marzo in questa terå
Per maridà na s-ceta bèlå
La pö bèlå che ghe sìa…
Chi èla, chi nu èla?
L’è la ………….
E chi ghé dómi?
Dòmega el ………
Dómeghel!!!

Entra marzo in questa terra
per maritare una bella ragazza
la più bella che ci sia
Chi è, chi non è?
E’ la ………………………
E chi le diamo?
Diamole il ………………
Diamoglielo!!!

Il ritornello era gridato da un capo all’altro del Paese, nel caso di Solferino dal monte della Rocca al monte delle scuole, con botta e risposta da collina a collina, ampliate da un normale, grosso imbuto (‘lurèt’ o ‘turtiröl’) e con l’intenzione apparentemente innocente di trovare marito a ragazze nubili o moglie a giovani ancora celibi. Di fatto si finiva inevitabilmente e volutamente per scoprire gli altarini, in quanto accadeva che la ragazza che si voleva dare in moglie al bel giovane non fosse quella ‘ufficiale’ o peggio che il futuro ‘promesso sposo’ avesse già ufficialmente impalmato un’altra. Erano tempi in cui, al di là dell’apparente bigottismo, c’era forse meno ipocrisia di adesso, e certamente più ‘buontempo’, ma anche solidarietà ed ironia.


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